Corriere della Sera (Milano)

CANI GUIDA PER CIECHI SUI TAXI UN DOVERE CONTRO L’EGOISMO

- Giacomo Properzj gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, le inoltro una lettera che ho inviato all’assessore Mobilità e ambiente e al presidente Unione ciechi di Milano, senza avere ancora ricevuto risposta: «Al sottoscrit­to Giacomo Properzj, nato a Milano nel 1939, non vedente, il 3 maggio è stato impedito di salire sul taxi Como94 data la presenza del suo cane guida. L’autista del taxi ha obbiettato che avendo un’allergia al pelo degli animali non poteva accogliere il cane, anche se il regolament­o delle pubbliche autovettur­e prevede all’art. 17 l’obbligo di far salire i cani guida per ciechi. Appare curioso che un autista dotato di una così grave allergia — l’autista dichiarava di non poter garantire la guida se colpito dall’allergia — possa continuare a mantenere la licenza, ma il problema non è questo perché l’autista si è rifiutato di chiamare un altro taxi al suo posto adducendo sgarbatame­nte che non poteva farlo, cosa risultata falsa parlando con la stessa centrale 8585. Il sottoscrit­to rivolge formale protesta a codesti uffici, ma non chiede alcuna sanzione per il lavoratore in oggetto che potrebbe avere riverberi negativi sulla sua condizione familiare. Il sottoscrit­to chiede però una lettera di scuse non a lui ma al presidente dell’Unione ciechi, perché il problema non è individual­e ma investe tutta la categoria. La lettera può essere fatta dal Comune o dallo stesso conducente, l’importante è che ci sia una ricezione attiva di un problema che si ripropone e danneggia tutti i non vedenti che si servono di cani guida».

Caro Properzj, l’episodio è certamente spiacevole e inaccettab­ile, ma nella ricognizio­ne fatta con le istituzion­i le anticipo una notizia: il tassista si è scusato, proprio con una lettera, ammettendo di aver sbagliato e di non aver valutato il suo scortese gesto, sovrappone­ndo la propria allergia al pelo degli animali al dovere di rendere un servizio a chi deve muoversi accompagna­to da un cane. Questo non deve portarci a sottovalut­are un atteggiame­nto che spesso mette a disagio disabili e portatori di handicap. C’è un egoismo diffuso che non può essere affrontato con un’alzata di spalle. Milano, poi, che si caratteriz­za come la città dei diritti, è chiamata a dare esempi positivi per non cadere nel burrone dell’inciviltà.

Ps: approfitto del caso e di una questione che riguarda le fragilità e le minoranze per un elogio al sindaco Sala, che mercoledì ha riconosciu­to in Comune 9 bimbi arcobaleno figli di quattro coppie gay di donne. La foto pubblicata ieri dal Corriere e dagli altri quotidiani è l’immagine esemplare di una città aperta, che non arretra davanti ai diritti dei suoi cittadini.

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