Fazil Say, il suono dell’acqua
Il pianista e compositore turco solista con la Filarmonica di Stoccarda
Classica, jazz, world music: come catalogare la musica di Fazil Say? Il pianista e compositore turco torna stasera in Conservatorio ospite della Società dei Concerti nella sua ormai nota doppia veste, cui talvolta aggiunge quella di direttore; sul podio oggi ci sarà però Dan Ettinger a capo della Filarmonica di Stoccarda. Tra l’ouverture dal «Franco cacciatore» di Weber e la settima sinfonia di Beethoven, Say interpreterà il suo concerto per pianoforte e orchestra «Water», «un’illustrazione simbolica dell’acqua colta in tre differenti aspetti, l’acqua infinita dell’oceano, l’acqua notturna dei laghi e l’acqua dinamica dei fiumi», racconta il musicista nato 48 anni fa da Ankara, già noto per brani come «La via della seta» dove attraverso le note racconta la storia della sua terra.
Il suo linguaggio risulta una commistione di stilemi classici, formule jazz e suggestioni folk: «Per me suddividere rigidamente la musica è una sciocchezza. Le faccio un esempio: considero Keith Jarrett il più grande pianista desità gli ultimi vent’anni, sia quando suona musica classica sia quando improvvisa sa far cantare il pianoforte come Horowitz o Michelangeli. Come dovrei classificarlo? Non rientra nei confini di Stockhausen o Henze, ma che importa? Ci sono altri “luoghi” nella musica d’oggi e anche nella musica classica, bisogna avere curio- e energia positiva per conoscerli tutti. Anche perché alla fine la formula è semplice ed è la stessa da sempre: i bravi artisti presentano una buona arte». Dalle sue parole trapela fiducia per le sorti della musica, nonostante le Cassandre che profetizzano una messa ai margini sempre più marcata della classica: «Dopo la Seconda guerra mondiale la distanza tra pubblico e compositore è enormemente aumentata, fino ad arrivare all’indifferenza e all’incomprensione; e in questi anni le vendite dei dischi sono crollati. Questo preoccupava anche me, ma se cambiamo prospettiva vediamo che sta succedendo molto: emergono orchestre dal Venezuela, arrivano violinisti dal Giappone e dalla Moldavia, pianisti dalla Cina e dalla Turchia; la musica classica non è più solo una cultura dell’Europa centrale, che pur ne è stata culla per mezzo millennio, ora è una cultura globale e naturalmente le singole culture dei diversi Paesi vogliono mettersi in gioco e affermarsi. Credo che nei prossimi dieci o venti anni l’Europa potrà conosce altre culture proprio attraverso la musica classica». Say dà il suo contributo: «Suono Mozart e compongo da quando avevo cinque anni, per me l’approccio a una Sonata di Beethoven o a un mio concerto è lo stesso».