Asilo, il giudice reintegra bimba
Sospeso il provvedimento della coordinatrice
Sul caso della bambina messa alla porta dalla scuola dell’infanzia per le ironie postate dalla madre su una chat di genitori si pronuncia il Tribunale di Milano. E ordina alla scuola il reintegro della piccola nella sua classe. In corso l’ispezione del Ministero.
L’ispezione del Miur si concluderà tra qualche giorno ma intanto, sul caso della bambina messa alla porta dalla scuola dell’infanzia per le ironie postate dalla madre su una chat di genitori, si pronuncia il Tribunale. E ordina alla scuola il reintegro della piccola in classe. Nel decreto il giudice precisa che va «consentita la partecipazione a tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche (…) ed evitata qualunque forma di esclusione o isolamento» dai compagni. L’udienza di merito è fissata per fine giugno.
Per la famiglia, che temendo ritorsioni o comportamenti scorretti ha già iscritto la figlia in un altro asilo, è anche questione di principio. Tramite avvocato, nella causa avviata in Tribunale, accusa la scuola — una privata paritaria del centro città — di «comportamento sproporzionato e ritorsivo» ai danni della bimba che «da un giorno all’altro non ha più potuto frequentare i compagni, pensando di essere rifiutata da loro». Quanto alla procedura d’ispezione avviata da Delia Campanelli, che guida l’Ufficio scolastico regionale, le testimonianze dovrebbero essere raccolte entro venerdì e potrebbero concludersi anche in quel caso a favore della famiglia.
I fatti risalgono a fine maggio. La madre della bambina, intervenendo in una chat dei genitori su WhatsApp, aveva ironizzato su presunti flirt della coordinatrice della scuola («Ma chi vuoi che se la pigli...»). Uno dei membri del gruppo ha mostrato i messaggi alla dirigente e, come risposta, l’autrice si è vista recapitare una raccomandata del legale del plesso in cui si annunciava il «recesso per giusta causa» dal contratto d’iscrizione di entrambi i figli (la piccola e anche il fratellino che sarebbe entrato a settembre). Anche ad altre mamme e papà che avevano commentato sono arrivate lettere di richiamo, ma i due fratellini sono gli unici depennati dalla lista degli iscritti. D’altro canto, la scuola si difende: intanto, le frasi erano «sulla chat istituzionale dei genitori». Poi, erano tanto «gravi e diffamatorie» da costituire «una aggressione ingiustificata» di fronte alla quale «era impossibile non sospendere il servizio recedendo dal contratto con la famiglia». Continua l’istituto: «Simili condotte non possono essere tollerate, poiché uno dei beni primari che cerchiamo di insegnare è il rispetto».