Tahany, l’Islam e la fabbrica di integrazione
È l’unica donna in Italia vice direttrice di un centro islamico
«Quando sono per strada con il velo lo vedo lo sguardo della gente su di me. Qualcuno me lo dice in faccia di tornare al mio Paese, ma io sono italiana. O forse la verità è che sono straniera sia in Italia che in Egitto». Così si racconta Tahany Shahin, vicedirettrice del centro islamico di Monza, unica donna in Italia a ricoprire questo ruolo.
«Non ho cercato questa posizione — spiega in un’aula dell’asilo multietnico dove è aiuto educatrice — mi sono presentata come volontaria, il direttore ha capito il grande lavoro che sto facendo e mi ha dato questo ruolo che spero possa essere d’esempio per altre donne». Lei, vulcanica, dal sorriso aperto, è da 24 anni in Italia: non è solo impegnata nel suo lavoro al nido, ma insegna il Corano ai ragazzi che frequentano il centro islamico di via Ghilini, incontra le famiglie, propone mille attività, il sabato tiene un corso di arabo aperto anche agli italiani. Quest’anno ha proposto corsi di autodifesa per le ragazze e le donne musulmane: «Non solo per dare loro maggior sicurezza, ma per offrire a tutte l’occasione di uscire di casa, non essere solo madri e mogli, trovare qualche ora da dedicare a se stesse. Adesso sto cercando una piscina disposta a riservare qualche ora solo alle donne per organizzare corsi di nuoto». Tahany ha tante idee, ma non riesce sempre a realizzarle per mancanza di spazio: «Il centro islamico ha solo tre ambienti che devono servire per la preghiera e per tutte le attività del centro. Sogno una moschea a Monza, per avere spazi per le donne, per i bambini, ma so già a quante difficoltà andrei incontro. Già solo per il corso di arabo avevamo ottenuto delle aule in una scuola superiore di Monza, ma poi la provincia ha bloccato il progetto e siamo tornati in via Ghilini».
Per portare avanti la sua idea di integrazione Tahany si è anche candidata due volte alle amministrative con il centrosinistra: «La prima volta solo 70 voti — ricorda — ma alle ultime amministrative se avesse vinto il centrosinistra sarei entrata in consiglio comunale. Ho scelto l’impegno politico perché non mi piace che altri decidano per me senza sapere cosa vuol dire emigrare e lasciare le proprie radici ».
Il suo commento sul nuovo governo è un sorriso amaro: «Però a volte riesco perfino ad essere d’accordo con Salvini — dice — ha ragione quando pretende controlli per la sicurezza e verifiche sui minori che vengono fatti partire soli e si sentono poi tutta la responsabilità di sistemarsi per inviare aiuti alle loro famiglie».
Oggi Tahany siede al tavolo del Comune per donne e salute: «Vorrei aiutare a diffondere la cultura della prevenzione tra le donne arabe, ma sono sola e invece mi piacerebbe che altre donne musulmane investissero il loro tempo come faccio io». A Tahany piace parlare ai giovani nelle scuole perché la vera integrazione parte da una cultura aperta che si impara fin da piccolissimi. È più facile al nido dove lavora e dove si festeggia il Natale e il Ramadam, dove ci sono stati presepi con una Madonna buddista e un San Giuseppe musulmano, è più difficile alle superiori. «Ho parlato all’Hensemberger del ruolo della donna nella cultura musulmana, ho cercato di far cadere alcuni cliché. Ho ricevuto tanti biglietti di stima e qualche ragazzo che mai aveva rivelato di essere musulmano e di parlare arabo ha trovato il coraggio di farlo».
Dice la sua anche sul velo per le ragazze: «Portarlo è una scelta, non deve essere imposto dalle famiglie. Dico ai genitori che vengono da me preoccupati perché la figlia vuole vestire all’occidentale che se hanno saputo educare nel modo giusto e hanno parlato con amore della religione arriverà il momento in cui le ragazze sceglieranno di metterlo, ma imporlo non ha senso».
Vorrei diffondere la cultura della prevenzione tra le donne arabe, ma sono sola Spero che altre musulmane investano del tempo