Corriere della Sera (Milano)

Ristoranti

Passione «dim sum» Dalla versione street food a quella raffinata al tartufo

- di Roberta Schira

Era il 2013 quando Yike Weng e Chiara aprivano Dim Sum in una Milano che aveva appena preso confidenza con il sushi. Da allora, «dim sum» (pronuncia sam) compare sempre più sulle insegne di nuovi locali e nei menu dei ristoranti oriental style. Non è un piatto, ma un insieme di portate composte da diverse varietà di ravioli con dimensione e farciture differenti. Dim sum traduce l’espression­e «bocconcini che toccano il cuore», e si accompagna al tè. Ha origine nel sudest della Cina, Canton e Hong Kong. Nella tradizione il rito si fa a pranzo. I bocconcini si scelgono da carrelli spinti da camerieri che passano tra i tavoli. Non solo a vapore, ma fritti, alla piastra, in umido o come sticky rice (riso glutinoso) in foglia di loto, fino ai dim sum dolci. L’impasto è a base farina di grano o riso. I dim sum cambiano secondo il metodo di cottura: shuijiao bolliti, zhengjiao cotti al vapore, guotie saltati alla piastra, zajiao fritti. Nel ripieno gli chef si sbizzarris­cono con ingredient­i accoppiati a due o tre: manzo, maiale, gamberi, pesce persico, cernia, granchio aromatizza­ti con zenzero, carote, sedano, lime, e spezie varie.

Yike Weng, nel suo italiano perfetto, racconta: «Avevamo già aperto con successo Bon Wei, locale di alta cucina regionale cinese, volevamo qualcosa di diverso. Abbiamo pensato a un dim sum contempora­neo, senza tradirne le origini. Siamo arrivati a 35 tipologie e adesso ne aggiungiam­o altre 10. Il comune denominato­re e l’alta qualità. Non amiamo parlare di fusion: nei dim sum non si trovano cacao o pesto, che non fanno parte della nostra cultura. Ma il tartufo sì, noi cinesi lo adoriamo. Siamo felici che a Milano nascano nuovi indirizzi dedicati ai dim sum: vuol dire che cinque anni fa abbiamo visto giusto!». In cucina, il maestro del dim sum, chef Wu Jing, con loro dall’apertura.

A far diventare popolare il dim sum ha contribuit­o la Ravioleria di Paolo Sarpi, con vetrina in strada: tre velocissim­e signore cinesi li preparano davanti ai passanti. L’idea è di Hujian Zouh Agie, che per il ripieno usa la carne dell’adiacente storica macelleria Sirtori, aperta nel 1931. Si comprano e si mangiano caldi per strada. Palati informatis­simi son pronti a scommetter­e che i più buoni ravioli cinesi di Milano sono di Chef J, il minuto chef cinese che nel suo locale all’Isola ne offe una prelibata versione della Manciuria.

La variante gourmet invece si assaggia da Gong, dove la proprietar­ia Giulia Liu punta sulla raffinata eleganza del misto di ravioli al vapore con zafferano, nero di seppia, verdure, barbabieto­la rossa e gamberi; oppure ravioli al vapore con capesante e salsa ai ricci di mare. Mix di orientale e milanese che raggiunge l’apice con i ravioli ripieni di Wagyu (A5), salsa al foie gras e tartufo. In via Vincenzo Monti, Ghe Sem li offre insieme ai cocktail con ingredient­i mediterran­ei: asparagi, scamorza, cipolla caramellat­a, all’ossobuco e zafferano, alla nduja e mascarpone. Classici, in versione street food, gourmet, all’italiana: che il dim sum stia diventando il nuovo tortellino?

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 ??  ?? Dim sum mania A sinistra, degustazio­ne in via Bixio. In alto, pausa pranzo sulla strada con le specialità della Ravioleria Sarpi e sotto, Gong in corso Concordia
Dim sum mania A sinistra, degustazio­ne in via Bixio. In alto, pausa pranzo sulla strada con le specialità della Ravioleria Sarpi e sotto, Gong in corso Concordia
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(Corner/LaPresse) A ciascuno il suoYike Weng, cuoco del Dim Sum. L’impasto del raviolo è a base di farina di grano o riso, il ripieno è variabilis­simo

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