«Io, picchiata perché gay»
Sabrina: nel 2015 ho scelto il silenzio, fu un danno
Milano si prepara alla Pride Parade, sono attese duecentomila persone. Il corteo parte alle 15 dalla Stazione centrale, l’arrivo in piazza Oberdan. Ci sarà anche Sabrina Corona, vittima di un’aggressione omofoba subita nell’ambiente di lavoro.
Dal giorno in cui alcuni colleghi la sentirono parlare al telefono con la fidanzata, sul lavoro le cambiò la vita. Così racconta Sabrina Corona, 38 anni. «Facevo le pulizie in un fast food, non avevo mai fatto outing sui miei orientamenti sessuali perché non c’era confidenza — dice —. Un giorno, durante una pausa, mi chiamò al telefono la mia compagna di allora. Parlammo qualche minuto e quando tornai al lavoro, con lo spazzolone e il secchio, alcuni colleghi iniziarono a schernirmi». Da lì, quasi ogni giorno, odiosi bigliettini lasciati ovunque — attaccati all’armadietto, al motorino, al grembiule appeso. «Cercavo di non dare peso a quegli insulti sciocchi», prosegue. Poi, una sera, l’evento «spaventoso». Era fine giugno 2015. Sabrina aveva appena smontato, mancava poco a mezzanotte. Tornava sulla Vespa verso casa, in Brianza. La affiancarono due auto, la urtarono, la spinsero sul lato della strada. Lei cadde. Era buio, non passava nessuno, vicino c’erano un fossato e i campi. «Erano in cinque o sei, tutti uomini, due stavano un po’ in disparte, credo che uno fosse un collega che era stato licenziato, perché ho visto un tatuaggio sul braccio — ricorda, ancora scossa —. Mi presero a calci, fortissimi, in pancia e sulle gambe, uno si avvicinò con un coltello, urlavano parole irripetibili, e poi “bestia!”, o come fossero insulti “malata” e “lesbica”». Volevano spaventarmi, farmi vergognare, tremavo come una foglia». Sabrina ha reagito, ha cercato di non soccombere. Se la situazione non è degenerata è stato per un’auto passata all’improvviso, e per la sua forza di reazione. «Il giorno dopo diedi le dimissioni, restai chiusa a casa diverso tempo, poi iniziai una psicoterapia e a distanza di anni sono riuscita ad elaborare questa vicenda, ma non smetto di chiedermi perché, allora, non sono riuscita a denunciare e invece per paura ho taciuto e mi sono ritirata».
Ha dovuto investire molto su se stessa, per riguadagnare fiducia. Nel suo caso l’ambiente di lavoro, per colpa di una manciata di colleghi, fu più ostico rispetto alla famiglia, che invece l’ha sempre sostenuta. «A Milano il clima negli ultimi anni è molto migliorato, l’omofobia diminuita, siamo in tanti a combattere contro ogni forma di discriminazione, le iniziative servono, sono un simbolo, danno forza». Lo scorso 19 maggio era davanti alla Scala insieme ad altre tremila persone per la manifestazione Stop Hate organizzata dai Sentinelli. Lavora in un’agenzia viaggi. Oggi sarà alla Pride Parade.