Corriere della Sera (Milano)

Estorsione e minacce a negoziante In cella il fratello del capo ultrà Lucci

Voleva 300 mila euro dal principale della moglie che le aveva inviato un richiamo

- Di Cesare Giuzzi

«Uccido te e i tuoi figli». Francesco Lucci, 39 anni, è un tipo capace di fare davvero paura. Lui, come il fratello capo ultrà della Curva sud del Milan, ora in carcere per droga, ha una lunga lista di precedenti: lesioni, rissa, scavalcame­nto di settore allo stadio, insolvenza fraudolent­a, un Daspo e da poco aveva terminato un affidament­o in prova. Non il tipo, insomma, con il quale mettersi a discutere. E del quale sottovalut­are le minacce.

Ma anziché interessar­si dei guai della sua squadra del cuore, esclusa in questi giorni dall’Europa League per decisione della Uefa, Lucci si dedicava a tutt’altra faccenda. E a poco era servito una ventina di giorni fa vedere suo fratello Luca portato in carcere con le manette ai polsi in un’inchiesta per spaccio di stupefacen­ti insieme ad altre 21 persone. Anzi questa storia inizia proprio una decina di giorni dopo l’arresto del fratello minore Luca, anche se le due vicende non sono minimament­e collegate. Ma se possibile le accuse nei confronti di Francesco Lucci, sono ancora più pesanti. Perché gli investigat­ori della Digos, l’ufficio «politico» della Questura che si occupa anche di tifoserie, lo hanno fermato praticamen­te in diretta mentre insieme alla moglie Irene Fasciano, 35 anni, stava mettendo a segno un tentativo di estorsione da (almeno) 100 mila euro. I poliziotti hanno bloccato la donna con addosso una busta con 2 mila euro appena consegnati dalla vittima. Ora lei è ai domiciliar­i (è mamma di quattro figlie piccole) mentre Lucci è finito a San Vittore con l’accusa di estorsione.

Tutto, come dicevamo, inizia lo scorso 14 giugno. Vittima dell’estorsione è un commercian­te di tessuti milanese che tempo fa ha assunto la moglie di Lucci come commessa. Ma con la donna le cose non sono andate particolar­mente bene, tanto che negli ultimi giorni il titolare le aveva anche recapitato una lettera di richiamo. Un’azione che ha però attirato le ire della donna e del marito. Tanto che una quindicina di giorni fa Lucci si è presentato nel negozio insieme alla moglie «minacciand­o di morte» il commercian­te e i suoi figli davanti a diversi testimoni. Non solo, perché Lucci «per chiudere la faccenda» ha preteso il pagamento di 300 mila euro da parte del commercian­te, con la richiesta di 50 mila euro da versare entro una settimana.

Nei giorni successivi la donna, che nel frattempo si era messa a casa in malattia, è tornata a colloquio con il titolare ma non per chiedere scusa per quella reazione, quanto piuttosto — cosi hanno ricostruit­o le indagini coordinate dal pm Leonardo Lesti — per convincere la vittima a pagare. Per farlo ha ricordato che il marito non è solito «scherzare» o fermarsi alle semplici minacce: «Se non pagate, lui sicurament­e torna a prendersi i soldi...». La donna, nella speranza di riuscire a convincere l’uomo a pagare almeno una parte del «debito», ha detto che il marito si sarebbe accontenta­to di 100 mila euro, con la pretesa di un anticipo entro tre giorni. È stato a quel punto che la vittima, comprenden­do che la situazione era seria, anzi serissima, si è rivolta alla polizia.

Gli agenti della Digos, diretti da Claudio Ciccimarra, hanno preparato la trappola. Sono scattate le intercetta­zioni telefonich­e che hanno chiarito — secondo l’accusa — come marito e moglie fossero d’accordo non solo sull’estorsione (o presunta tale) ma anche sulla motivazion­e ufficiale con la quale la donna avrebbe dovuto giustifica­re una così cospicua entrata: far risultare il pagamento del denaro come una liquidazio­ne di buona uscita per l’interruzio­ne del rapporto di lavoro.

Poi gli investigat­ori hanno installato microspie nel negozio dove giovedì mattina era in programma l’incontro per la consegna della prima «tranche» di pagamento, duemila euro in contanti. Le banconote sono state fotocopiat­e e l’incontro tra il datore di lavoro e Irene Fasciano è stato registrato. Quando la donna ha ricevuto i soldi ed è uscita dal negozio per tornare verso casa, ha subito avvisato il marito. A quel punto gli inquirenti hanno deciso di intervenir­e e fermare la 35enne che ha subito consegnato la busta con i contanti. Pochi istanti dopo lo stesso provvedime­nto per Lucci che si trovava in casa a Monza. Per entrambi il pm Leonardo Lesti ha disposto il fermo. La donna, assistita come il marito dall’avvocato Jacopo Cappetta, è stata posta ai domiciliar­i in quanto madre di figli minori. Lucci è invece stato rinchiuso nel carcere di San Vittore. Oggi l’udienza di convalida.

I reati

L’uomo ha precedenti per insolvenza, lesioni e rissa. Un Daspo e un affidament­o terminato

La frase

Al datore di lavoro aveva detto: «Uccido te e i tuoi figli». Preso dagli agenti della Digos

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