Scala, tornano i «fischiatori» (che si organizzano sul web)
Insulti e «buu» di gruppi di contestatori organizzati sul Web. Spettatori allibiti «Alcuni artisti non vogliono più esibirsi»
Sono tornati i «fischiatori» alla Scala. La riprova venerdì, quando in scena andava Il Pirata di Bellini: «buu» e urla contro quasi tutti gli interpreti. Ma dietro al fenomeno non c’è una critica appassionata, bensì una sorta di fenomeno «haters».
«Venerdì sera, alla prima rappresentazione de Il Pirata, abbiamo assistito a un comportamento becero e incivile», scrive la signora Erminia Malagodi al Corriere: e come darle torto? Già i passati sovrintendenti provarono a contrastare la piattola del «terrorismo buatorio», che nulla ha a che vedere con lo stereotipo romantico dei loggionisti intenditori in opposizione al ricco ignorantone in platea. Le cose non stanno così. Venerdì, al termine de Il Pirata di Bellini (sette volte applausi tiepidi a sipario aperto nel primo atto) la prima ad uscire è stata il soprano Sonya Yoncheva, applauditissima. Poi il tenore Piero Pretti, e gli applausi si sono affievoliti. Quindi, dall’uscita del baritono Nicola Alaimo in poi da una parte della Seconda Galleria (il loggione) solo «buu», «vergogna», «buffoni» a tutti. Stupefatta, la Yonceva inciampa pure nella buca del suggeritore, e quasi si fa male. Ma questi artisti — che sono anche dei lavoratori — sono stati così impresentabili? No. Ogni individuo — come scriveva Sartre — intende «sentirsi coessenziale» e alcuni hanno scelto come modo quello di contestare a priori (e non con una seria critica, che sarebbe la benvenuta) le opere precedentemente eseguite da grandi interpreti, com’è il caso del Pirata con la Callas, Corelli e Bastianini diretti da Votto nel 1958 (che molti buanti non hanno visto). Alcuni si introducono alle prove riservate al personale (e non potrebbero); altri si aizzano con post (a volte rimossi); poi si assicurano i posti con il metodo delle «finte» code pensando che l’acquisto del biglietto — il cui prezzo copre un terzo dei costi dello spettacolo (il resto sponsor e tasse) — dia diritto a scatenare una «telefonatissima gazzarra». Esperti? Appassionati; in genere non ci sono tra loro cattedratici, strumentisti di grido...
Questi haters si celano un po’ dietro l’anonimato sia nei post che quando buano in gruppo osservati dalle maschere, che non intervengono (mentre potrebbero sbatter fuori chi, in platea, usa il telefonino). Prendiamo il sito di un gruppo di appassionati per rendere il clima. Il «Corriere della Grisi» (nome di una cantante del passato) ha come protagonista il nickname «Domenico Donzelli» (un tenore dell’800). Leggiamo la descrizione sui fatti del Pirata: «Segnalo con disappunto come la maschere fossero raccolte a gruppi attorno ai contestatori (numerosi e non isolati come ho letto sulla recensione di un noto inviato) per evitare forse che i dissensi potessero arrivare ai radioascoltatori collegati. Episodio gravissimo, che esprime maleducazione, cafoneria del personale… che dovrebbe piuttosto zittire il continuo chiacchericcio di turisti capitati lì per caso anziché la legittima e doverosa reazione di un pubblico appassionato e pagante!». Aggiunge: «Venerdì sera erano in tanti i fischiatori (ndr, circa 20 su 2.000 persone). Con il sottoscritto non ci provano (ndr le maschere a intervenire) perché sanno che potrebbero prendere una pedata nel sedere… Con me ha provato a pedinarmi il sciur Pereira (ndr il sovrintendente) in persona e mentre pedinava gli hanno tamburato il suo bel don Pasquale». Infine: «Gli unici spettacoli azzeccati di questi titoli furono l’Assedio del 1969 (e son quasi 50 anni) e la Donna del lago» (due in cinquant’anni!).
I critici parlano di «solito folklore con stranieri allibiti». I sovrintendenti sostengono che alcuni artisti non vengono più alla Scala per le ingiustificate contestazioni.