Notte di fuoco in carcere
Lite tra detenuti sfocia nella ribellione di tre tunisini. «Situazione allarmante»
Notte di paura e di scontri domenica nel carcere di Pavia. Tre detenuti hanno trasformato un diverbio in rivolta distruggendo suppellettili, appiccando fuochi e aggredendo le guardie.
PAVIA «Venite, stanno dando fuoco alle celle!». L’allarme, lanciato nella tarda serata di domenica dai detenuti del carcere di Torre del Gallo, a Pavia, era solo il preludio di quella che poi si sarebbe trasformata in una notte di follia e violenza. Un banale litigio finito in sommossa, con i corridoi del penitenziario messi a ferro e fuoco da tre carcerati incontenibili, intenti a distruggere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.
Gli animi, tra le celle del carcere pavese, si sono surriscaldati domenica sera, dopo cena: sarebbe stato uno scambio di sguardi definiti «storti» tra compagni di stanza tunisini e un altro detenuto della sezione comune, a provocare la scintilla. Dalle parole si è passati presto ai fatti: sembrava la solita miccia che spesso si accende tra le mura dei penitenziari e che le guardia sono abituate a spegnere senza ulteriori conseguenze: urla, minacce, spintoni per qualche minuto, e poi, ognuno per la propria strada con qualche pacca sulla spalla.
Invece no. Questa volta no. Questa volta i tre stavano covando una rabbia inaudita, inspiegabile. Dopo la discussione, i detenuti tunisini hanno deciso di ritornare in cella, e portare avanti il loro piano scellerato: prima hanno sradicato alcuni armadietti e lanciato le brandine, poi hanno appiccato il fuoco, e sono usciti di nuovo negli spazi comuni.
«Abbiamo vissuto momenti di pura follia — racconta Carlo Cataldo, segretario provinciale del sindacato della polizia penitenziaria Uilpa —. Si è cercato immediatamente di calmare ed isolare i tre responsabili dei disordini ; sono intervenuti personalmente anche il direttore di Torre del Gallo e il comandante delle guardia carcerarie per tutelare anche gli altri detenuti, ma non è bastato. La notte è stata lunga e travagliata».
Trascorsa qualche ora turbolenta, i tre sono stati separati e trasferiti in stanze diverse, nella sezione di transito che funge da isolamento, dove il delirio, però, non si è fermato: attraverso le sbarre delle loro celle partivano schegge taglienti di piatti e tazze, scagliate verso l’esterno; l’acqua ha incominciato a scorrere a fiumi lungo i corridoi del reparto: «Nelle prime ore del mattino — continua Cataldo — avevano già distrutto tutto anche nelle celle d’isolamento, comprese le ceramiche dei servizi. Poi hanno aperto i rubinetti ed allagato l’intera sezione».
Gli agenti della penitenziaria, bersagliati dal lancio di cocci e piatti, hanno faticato a intervenire, quando hanno visto il fumo e le fiamme che stavano invadendo nuovamente le celle. «Nonostante i tre fossero separati hanno chiuso in bellezza, incendiando ancora tutto. Ci troviamo in un contesto davvero allarmante, in cui, purtroppo, si sono dovute constatare anche criticità organizzative e strutturali — commenta il segretario provinciale Uilpa —. Da un lato, l’impossibilità ad intervenire immediatamente sull’incendio per problemi agli idranti; dall’altro, la limitazione numerica sull’utilizzo delle dotazioni anti-sommossa».
La folle nottata si è conclusa soltanto alle prime ore di lunedì, con un agente che ha rischiato di essere sfregiato al volto mentre accompagnava uno dei tre tunisini in infermeria
Le mancanze
I sindacati: oltre al caos anche problemi agli idranti e dotazioni anti sommossa insufficienti
e una riunione dei sindacalisti della penitenziaria, seriamente preoccupati per il crescendo di episodi simili negli ultimi tempi. Non usa mezzi termini, Gian Luigi Madonia, segretario generale della Uilpa Lombardia: «Ormai — dice— la vita all’interno degli istituti è diventata un “bollettino di guerra”, su cui annotare fenomeni di aggressione al personale, oltraggi, contestazioni dei detenuti, risse, lanci di oggetti, fino ad arrivare agli eventi come quelli di Pavia».
« Il sistema penitenziario italiano — conclude Madonia — ha raggiunto un livello di ingestibilità mai visto. Il nuovo governo e i nuovi vertici del Dap devono dare dimostrazione dell’attenzione che hanno per le Istituzioni, in particolare, per la polizia penitenziaria e l’intero sistema carcere. Riportino il carcere e il lavoro della polizia penitenziaria a condizioni vivibili».