Tra movida e paura
SICUREZZA I DUE VOLTI DI MILANO
Chi dice la verità, prima o poi viene scoperto, sosteneva Oscar Wilde. Ma qual è la verità sulla sicurezza a Milano? Quella di una città così vitale da diluire la percentuale di violenza che fatalmente ristagna nelle sue vene, certo. Potrebbe bastare. Le giornate sono intense e le notti popolate, qualche brutto episodio non può contaminare un’euforia diffusa. Restano i sussulti, forse fisiologici: aggressioni sui treni, metrò sfasciati, branchi imbizzarriti, qualche coltello in libertà. Pochi, sì. Troppi per derubricarli, per accettarli come ormai si pretenderebbe per il microspaccio, i furti, gli scippi. È il nostro atteggiamento di fronte alle difficoltà che determina la capacità di superarle o di soccombere, e spostare l’asticella del consentito verso il basso è un errore. Come le denunce di piccoli reati omesse perché «inutili», considerare consueta certa delinquenza, metabolizzare quel senso di inquietudine che ci fa voltare davanti a soprusi per evitare impicci. Ma la sicurezza si può ottenere, basta non credere di averla già in tasca rimirandoci allo specchio e trovandoci sempre piacenti. I 48 locali chiusi in 180 giorni non sono poca cosa, come la quotidiana ansia di chi viaggia sui treni. I fortini della malavita non sono suggestioni. Solo calandosi nella realtà si possono combattere quelle sacche che contaminano una città per altro sanissima. La tolleranza zero non è uno slogan né un miraggio, ma fatica per una convivenza civile. Perché la paura — non solo la calunnia — è un venticello che fa intirizzire. Quando soffia si possono sfidare i malanni o, saggiamente, coprirsi di più.