Caos biopsie Parte l’indagine della Procura
Aperto fascicolo sulle responsabilità
Sul
caso delle mille biopsie bloccate all’ospedale San Paolo «per carenza di medici», poi esaminate con un ritardo di tre mesi, anche la Procura vuole vederci chiaro. Dopo la commissione d’inchiesta regionale anche la Procura ha aperto un fascicolo: per ora non ci sono indagati ma gli accertamenti sono in corso.
In attesa di una diagnosi di tumore per mesi. Sullo scandalo delle mille biopsie in ritardo dell’ospedale San Paolo, denunciato dal Corriere della Sera, è stata aperta un’inchiesta in Procura.
Tra novembre 2017 e febbraio 2018 almeno mille vetrini con campioni da analizzare per sospetti tumori sono rimasti senza responso. Così il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che guida il Dipartimento per le colpe mediche, ha istruito un fascicolo «modello 45», utile a svolgere accertamenti su una possibile notizia di reato. Al momento non ci sono indagati, né ipotesi di reato. Nel fascicolo sono contenuti anche gli atti amministrativi sulla vicenda inviati dalle autorità sanitarie.
La Procura ha acceso un faro sul caso che risale allo scorso 8 febbraio: i mille vetrini che avrebbero dovuto essere esaminati per diagnosi di tumore, sono rimasti per tre mesi accatastati nel laboratorio di analisi per mancanza di medici. I campioni, in seguito, sono stati inviati ad altri ospedali per essere esaminati solo dopo la denuncia del problema e su intervento dell’assessore alla Sanità Giulio Gallera che, sempre lo scorso febbraio, nomina anche una commissione d’inchiesta. Il risultato, ufficiale da ieri, è lo spostamento ad altro incarico del primario del laboratorio di analisi Gaetano Bulfamante: sono in corso le procedure amministrative per un nuovo incarico al Buzzi o alla Macedonio Melloni dove si occuperà solo della diagnostica delle patologie feto-placentari, specialità di cui risulta tra i massimi esperti a livello internazionale. Sarà nominato anche un nuovo direttore di presidio che prenderà il posto del facente funzione Riccardo Andrea Baldelli.
Di mercoledì la notizia che tra i vetrini c’è anche quello di un 60enne con un cancro alla prostata accertato solo quattro mesi più tardi: sulla prima lettura dei campioni di tessuto, inviati dal San Paolo all’ospedale di Busto Arsizio il 26 febbraio in seguito al caos del laboratorio di analisi, c’è un clamoroso errore medico. Il patologo Fabrizio Crivelli firma un referto in cui tutto è a posto. Solo a fronte dei dolori atroci del paziente alla schiena, il medico curante chiede il riesame dei tessuti prelevati. È ormai il 26 giugno quando arriva l’esito giusto che condanna il malato: cancro alla prostata in stato avanzato, con metastasi ossee.
Sul caso non è ancora arrivata nessuna querela del paziente alla Procura, motivo per cui il pubblico ministero Siciliano non può per il momento procedere: l’atto di denuncia firmato dalla vittima (o da suoi familiari) è formalmente indispensabile. Ma l’attenzione del Tribunale anche su questo aspetto è alta.