Personal trainer a domicilio
Cresce l’offerta personalizzata «App, pagamenti tracciati e allenatori-rider in motorino»
Applicazioni,
pagamenti tracciati e allenatori che si muovono da un punto all’altro della città in motorino. La palestra ora va a domicilio di chi vuole mantenersi o rimettersi in forma.
Ifuoriusciti dalle palestre sovraffollate — sempre più, a Milano — sono pronti a pagare 60 euro per vedersi comparire Federico Erasmi sulla soglia di casa. Lui si presenta con tuta e scarpe da ginnastica, lo zaino pieno degli attrezzi del mestiere, come un idraulico o un elettricista molto atletico. «Ho iniziato lavorando in un centro — racconta —. Poi ho scoperto questo modo di arrotondare». Giugno è alta stagione: gli appuntamenti lo attendono da un capo all’altro della città, dalla mattina alle 20-20.30. «Bisogna abituarsi a muoversi ed essere flessibili con gli orari. Ma ne vale la pena».
In sella al motorino, o in metro, i fattorini del fitness non si riconoscono a occhio nudo, ma sono in aumento. Complice internet, che li mette in rete tramite portali ad hoc ( Cheforma.com, Staiinforma. com), corrono sulla scia delle palestre in pieno boom. Il meccanismo « su chiamata» è simile a quello delle app Foodora o Deliveroo, ma con paghe migliori: le tariffe medie si aggirano tra 40 e 60 euro l’ora sotto la Madonnina. «Riceviamo una notifica tramite email o telefonino, e rispondiamo in tempo reale», spiega Erasmi, che è pagato a prestazione ma si dice «più che soddisfatto» dei guadagni. Il sito su cui lavora, Staiinforma, è sbarcato da un anno in città: il fondatore Davide Cacciola è un personal trainer romano che, nel 2014, ha deciso di smarcarsi dalle palestre «troppo impersonali e caotiche». Come lui, una fetta di clientela « trova che l’esercizio necessiti di luoghi più raccolti e di un rapporto diretto con un professionista», spiega Cacciola. L’offerta non è rivolta ai body-builder ma ai principianti: «Persone che vogliono perdere peso, o hanno bisogno di esercizi posturali, ma non si sentono a loro agio nei grandi ambienti dispersivi». E la richiesta è in aumento.
Il gigantismo dei centri-fitness, in città, fa pensare al corpo di un culturista cresciuto troppo. Milano è la capitale delle palestre: ne ha 308 contro le 260 di Roma, in crescita del 5 per cento in un anno (22 per cento in cinque anni) stando ai dati della Camera di Commercio. Alle multinazionali storiche (Virgin Active in testa, con 11 strutture) si aggiungono catene low-cost come Mcfit o Hellofit: 5-6mila iscritti per sede, istruttori digitali che spiegano gli esercizi dai megaschermi. Gli abbonamenti variano da 15 a 150 euro al mese. Ma «anche i benefici fisici variano molto» avverte il co-fondatore di Urban Fitness Federico Servadio. La catena ha da poco aperto 11 strutture in città, puntando sui tagli piccoli (80 mq) e sull’elettrostimolazione. «Forniamo agli utenti una tecnologia che permette di concentrare in pochi minuti lo sforzo di diverse ore. Oggi la gente ha poco tempo, e vuole vedere i risultati».
In attesa di portare gli esercizi «meccanizzati» a casa dei clienti («ci stiamo lavorando») l’azienda ha sviluppato una rete di trainer a domicilio, una ventina. Prenotazioni e pagamenti avvengono tramite un portale ad hoc (CheForma. com) dove « tutto è tracciato fino all’ultimo centesimo» spiega Servadio. Nel settore delle collaborazioni domestiche da sempre dominato dal «nero» è un punto da non trascurare.
Certo anche la legalità ha un costo. Le richieste — gli operatori concordano — arrivano soprattutto da professionisti e dalle zone centrali della città. Il discrimine non sono gli spazi, gli esercizi si fanno con attrezzi portatili (elastici, cavigliere) in cucina o in salotto, oppure al parco sotto casa; bastano due metri quadri, assicura Erasmi: «Lavoro anche in monolocali. A scremare semmai è il fattore prezzo».
Lui ha una laurea in Scienze motorie e un master in Fisioterapia oltre al brevetto da istruttore: non vuole svendersi. «Qui abbiamo tutti studiato», informa. E ai clienti che storcono il naso sulla parcella, ripete di aspettare i risultati, perché «è lì poi che si vede la differenza».