Il «nokietto» è la licenza per gestire il mercato
Capita talvolta che le intercettazioni o gli interrogatori di un’inchiesta giudiziaria afferrino un lembo di vita quotidiana del crimine che — per la dinamica della realtà che rivela, e nel contempo per la vivida espressione da cui viene casualmente disvelato — finisce per entrare nel piccolo immaginario collettivo che un po’ riflette e un po’ scimmiotta il gergo e i modi di fare dei banditi. E c’è da giurare che qualcosa di simile avverrà adesso per il «nokietto». Cosa è? Proprio come un negozio normale quando viene compravenduto, o come una licenza di auto pubblica quando viene ceduta da un tassista a un altro, anche chi è interessato a comprare una «piazza» di spaccio deve pagare a chi la stava gestendo una sorta di avviamento dell’attività commerciale, deve rilevare una sorta di licenza, versare ai venditori una specie di liquidazione. È stato così anche per la «piazza» di spaccio alla Comasina, dove i nuovi trafficanti, subentrati nella gestione dell’attività di spaccio e nei diretti contatti con gli acquirenti, per farlo hanno dovuto acquistare per 200.000 euro (a rate mensili, peraltro non tutte onorate) l’avviamento di questo peculiare mercato illecito. Quale? Appunto il «nokietto», per dirla con gli arrestati: cioè la consegna di «un telefono Nokia contenente tutti i nominativi e i numeri di cellulare dei diversi acquirenti» la droga. L’elenco dei consumatori. I clienti, vero patrimonio di ogni impresa che si rispetti.
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