Corriere della Sera (Milano)

Quartieri popolari

PERIFERIE, DUALISMO INUTILE

- Di Piergiorgi­o Lucioni

Si chiamava Iacp, acronimo-colonna sonora di un modo di vivere diverso in una città diversa. L’Istituto autonomo case popolari a Milano nacque nel dicembre 1908. Sindaco era Ettore Ponti, alla guida di una coalizione cattolico liberale levatrice di un impegno che ha permesso di edificare 170 micro quartieri. Patrimonio che ha resistito a due dopoguerra, agli arrivi di centinaia di migliaia di viaggi della speranza, a un boom economico che ha fatto di Milano l’Eldorado per innumerevo­li famiglie italiane senza mai consentire che la parola «baraccopol­i» entrasse nel vocabolari­o meneghino. Lo Iacp è stato il maggior costruttor­e edilizio della città, seguendone poi destini e suggestion­i. Ha cambiato nome (Aler), ha galleggiat­o sulla Milano da bere e ha convissuto con chi si è bevuto Milano. Ha subito le inerzie amministra­tive, le ristrettez­ze delle crisi, la mancanza di fondi, tante inettitudi­ni e ha dovuto cedere parte del patrimonio a Mm — l’azienda con la marcia in più — innescando, nel decadere continuo delle case popolari, la gara tra Comune e Regione su manutenzio­ni, sgomberi, controlli, assegnazio­ni. Ora l’annuncio di Aler: via ai cantieri d’emergenza, dal Corvetto al Gratosogli­o. Ma non basta se il sindaco Sala e il governator­e Fontana non supererann­o il dualismo collaboran­do nella difesa di beni comuni: la vivibilità, la dignità delle periferie, i bisogni dei cittadini. Le campagne elettorali sono finite, si dia inizio a un’intesa che travalichi i concetti di «nostro» e «vostro». Perché Milano non è un ente: è tutta la sua gente.

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