Quartieri popolari
PERIFERIE, DUALISMO INUTILE
Si chiamava Iacp, acronimo-colonna sonora di un modo di vivere diverso in una città diversa. L’Istituto autonomo case popolari a Milano nacque nel dicembre 1908. Sindaco era Ettore Ponti, alla guida di una coalizione cattolico liberale levatrice di un impegno che ha permesso di edificare 170 micro quartieri. Patrimonio che ha resistito a due dopoguerra, agli arrivi di centinaia di migliaia di viaggi della speranza, a un boom economico che ha fatto di Milano l’Eldorado per innumerevoli famiglie italiane senza mai consentire che la parola «baraccopoli» entrasse nel vocabolario meneghino. Lo Iacp è stato il maggior costruttore edilizio della città, seguendone poi destini e suggestioni. Ha cambiato nome (Aler), ha galleggiato sulla Milano da bere e ha convissuto con chi si è bevuto Milano. Ha subito le inerzie amministrative, le ristrettezze delle crisi, la mancanza di fondi, tante inettitudini e ha dovuto cedere parte del patrimonio a Mm — l’azienda con la marcia in più — innescando, nel decadere continuo delle case popolari, la gara tra Comune e Regione su manutenzioni, sgomberi, controlli, assegnazioni. Ora l’annuncio di Aler: via ai cantieri d’emergenza, dal Corvetto al Gratosoglio. Ma non basta se il sindaco Sala e il governatore Fontana non supereranno il dualismo collaborando nella difesa di beni comuni: la vivibilità, la dignità delle periferie, i bisogni dei cittadini. Le campagne elettorali sono finite, si dia inizio a un’intesa che travalichi i concetti di «nostro» e «vostro». Perché Milano non è un ente: è tutta la sua gente.