Corriere della Sera (Milano)

Gli archi da Oscar dei Micrologus

L’ensemble domani con le Cantigas per Maria

- Enrico Parola

Debuttaron­o 34 anni fa con lo spirito ribelle di un gruppo rock e arrivano domani a Milano Arte Musica suonando e cantando lo spirito antico di mondo che non c’è più. È lo strano ma tutt’altro che casuale destino dell’ensemble Micrologus (ensemble formatosi in Umbria nel 1984) che antologizz­a alcune delle oltre quattrocen­to Cantigas de Santa Maria: volute da Alfonso X di Castiglia e raccolte in un prezioso codice di fine ‘200, sono tra le più preziose raccolte di poesie religiose in musica dell’intero Medioevo arrivate fino a noi. «Ci raccontano non solo della devozione per la Vergine Maria, ma di come la gente otto secoli fa non limitava la religione a una dimensione intima», dice la cantante e arpista Patrizia Bovi, «ma la viveva come un fattore che determinav­a la vita quotidiana e la coscienza di quegli uomini». «Alternerem­o Cantigas che inneggiano alla Vergine e le rivolgono premaggior­enni ghiere ad altre che raccontano miracoli, che chiedono aiuto non solo per difendersi dai nemici ma magari anche sempliceme­nte per ritrovare un sacco di grano smarrito o dei soldi rubati. Meditazion­i e cronache raccontate in una lingua oggi estinta, il galiziano-portoghese». Musicalmen­te le Cantigas sono lo specchio della corte di Alfonso X e della Spagna: c’è la tradizione spagnola, ma dai Pirenei giungono le ventate dei trovatori: la poesia d’amore francese si traduce in un modo particolar­mente concreto di descrivere la bellezza di Maria. «E non poteva mancare l’elemento arabo, con ritmi e melodie che anche l’ascoltator­e di oggi digiuno di studi medievali riconosce immediatam­ente come orientaleg­gianti» aggiunge la cantante e arpista. Chi digiuno non è di tale cultura sono Bovi e i suoi compagni d’avventura con cui ha creato l’ensemble Micrologus: «Eravamo i tipici neo- che amavano trovarsi, suonare insieme fino a notte fonda, discutere, sognare. Volevamo suonare per essere liberi, per dire qualcosa di nuovo, per trovare un nostro spazio nel mondo musicale; e il medioevo ci apriva praterie da scoprire e colonizzar­e». C’è anche un motivo forse più patriottic­o che filologico: «Trent’anni fa praticavan­o questo repertorio solo i complessi del Nord, ma non sopportava­mo di ascoltare l’italiano del 2/300 storpiato dalle inflession­i inglesi o tedesche e così abbiamo iniziato a studiare quel mondo e cercare di ricostruir­lo». Anche nei concerti: «Proporre un’ora e mezza di canzoni di un unico autore risultereb­be insopporta­bile, invece tracciamo percorsi, illustriam­o situazioni, ad esempio una festa di corte o un capitolo di storia, inserendo le musiche nel contesto e facendone capire la funzione che aveva». E così il pubblico si è allargato: «Prima erano solo gli addetti ai lavori, ora curiosi o chi magari vi si è imbattuto cercando formazioni o notizie sulla scena contempora­nea che rilegge la musica antica. Quando abbiamo accompagna­to la danza di Cherkaoui i nostri dischi sono andati a ruba, così come quando abbiamo firmato la colonna sonora di Mediterran­eo di Salvatores».

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Virtuosi L’ensemble dei Micrologus che ha inciso la colonna sonora per il film premio Oscar Mediterran­eo di Gabriele Salvatores

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