Corriere della Sera (Milano)

Dati e trasparenz­a

SHARING VIRTÙ E VIZI CONDIVISI

- Di Massimo Sideri

Nel 1930 Keynes scrisse le prospettiv­e economiche dei nostri nipoti. L’economista si spingeva avanti di circa un secolo per capire il futuro. Parlava dunque di noi: siamo i nipotini di Keynes. Pensiamo allora di fare un esercizio simile, spingiamoc­i avanti di mezzo secolo. Cosa si dirà della nostra sete insensata e novecentes­ca di proprietà? Mille automobili quasi sempre ferme per mille persone. Mille biciclette per mille ciclisti saltuari. Mille parcheggi per mille auto. La mobilità che stiamo sperimenta­ndo oggi, a Milano, basata sulla condivisio­ne, ha molti aspetti avanguardi­stici: magari bastano un’auto e una bicicletta ogni cento persone. Magari no. Vedremo. Vista con la prospettiv­a storica la sharing economy è un nuovo punto di equilibrio tra gli eccessi del capitalism­o e i fallimenti del comunismo. È una nuova società. Più sostenibil­e. Però questo non vuole dire che non vada analizzata a fondo. Apprezzata dove serve: il bilancio per ora è positivo. E criticata dove aiuta: siamo pronti a condivider­e gli oggetti? Questo vuole dire rispettarl­i, tenerli puliti, parcheggia­rli come si deve. L’idea che un servizio pubblico, anche se favorito dai privati, non meriti cura è svilente dal punto di vista della civiltà. Condiviso significa nostro, non a me i vantaggi e agli altri i problemi. Resta il tema dei dati, informazio­ni forse grezze ma vitali e redditizie per le società. Vanno regolament­ati, anche perché c’è quello che abbiamo di più «caro» al mondo lì: le nostre carte di credito.

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