L’evaso beffato alla festa di nozze
Assolto dalla rapina, va in cella per i domiciliari violati
Era evaso dai domiciliari per andare alle nozze della sorella fingendo un malore. Al San Carlo un tassista l’ha accusato, a torto, di una rapina. Scagionato, è finito in cella per i domiciliari violati.
C’è sempre un furbo più furbo di chi pensa di essere furbo, e, se non c’è in carne e ossa, sono allora la casualità, il fato, il destino a vestire i panni dei più furbi in assoluto: l’ha imparato in Tribunale a sue spese un pregiudicato che pochi giorni prima di Natale dell’anno scorso, indispettito dal rigetto di un permesso domandato al giudice di Sorveglianza, decide di andare lo stesso il 20 dicembre 2017 al ristorante dove si tiene la cena di nozze della sorella in un locale di via Forze Armate, ben sapendo che tecnicamente stia compiendo così una evasione dalla detenzione domiciliare nella quale stava espiando precedenti condanne definitive per furto.
Il ladro, infatti, aveva già avuto il suo quarto d’ora di celebrità quando in passato aveva escogitato un ingegnoso sistema per rubare le auto del car sharing mettendole in moto a forza di spinte a mano.
Per sfuggire alle conseguenze della propria evasione dalla detenzione domiciliare, l’uomo pensa di essere furbo a simulare un malore e così (dopo la festa di nozze) a creare il pretesto apparente di un urgente bisogno di lasciare i domiciliari per recarsi all’ospedale San Carlo.
Mal gliene incorre, però, perché, neanche a farlo apposta, proprio quel giorno davanti all’ospedale viene rapinato un tassista, che tra tante foto ritiene (sbagliando) di riconoscere in volto proprio il ladro evaso dai domiciliari.
Non è un affare da poco, nel processo la Procura per la rapina chiede ben cinque anni di carcere. A salvare il ladro dalle conseguenze della propria malriposta furbizia sono i difensori Antonio e Robert Tutte le notizie di cronaca e gli aggiornamenti in tempo reale sul sito Internet del «Corriere» milano. corriere.it Ranieli: prima nel rimarcare le incertezze che notoriamente minano spesso quel riconoscimento oculare che pure in partenza sembra sicuro in chi lo effettua, e poi nel chiedere al pubblico ministero Angelo Renna (che correttamente concede l’autorizzazione) di poter disporre dei video della telecamera del ristorante. Perché? Perché incrociando il video con i tabulati del telefono del ladro, con le fotografie scattate dal suo cellulare alla festa, e con i relativi orari, la difesa dell’imputato riesce a dimostrare all’ottava sezione del Tribunale che, nel momento in cui il tassista veniva rapinato davanti all’ospedale San Carlo, il ladro evaso (e fintosi poi malato per presentarsi in ospedale e sfuggire all’accusa di evasione) era invece davvero alla cena di nozze della sorella.
Ne scaturisce l’assoluzione dalla rapina (su cui l’imputato rischiava cinque anni di condanna) per non aver commesso il fatto. Ma siccome il Tribunale non è un posto dove possa tanto giocare, resta in giudizio la scusa del malore finto e cioè l’evasione vera dalla detenzione domiciliare, che alla fine costa non poco all’incauto ladro pensatosi furbo: due anni e mezzo di condanna inflitta in primo grado dalla giudice Vincenzina Greco per evasione, revoca immediata della detenzione domiciliare, e dunque ritorno in carcere a scontare in cella quel che gli resta delle condanne definitive per furto.