Corriere della Sera (Milano)

Lecco, l’allarme dei pescatori

A rischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte. L’assessore Rolfi: il problema esiste

- Di Barbara Gerosa 11

Arischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte, sul ramo lecchese del lago di Como. La Federazion­e pesca sportiva chiede che la competenza torni ad essere affidata alla Provincia.

LECCO A rischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte, sul ramo lecchese del lago di Como, tanto che i 2.400 associati della Federazion­e pesca sportiva chiedono che la competenza, passata da un paio di anni a Regione Lombardia, torni ad essere affidata alla Provincia, con le relative risorse economiche. In gioco l’importante opera di ripopolame­nto ittico del Lario, che ha consentito di evitare la scomparsa, anche da fiumi e torrenti, di trote fario, salmerini e temoli. Mancati pagamenti ai gestori e lungaggini burocratic­he hanno sollevato una alzata di scudi da parte dei pescatori.

Realizzato nei primi anni del Novecento su iniziativa del noto filantropo e naturalist­a Marco De Marchi, in attività fino al 1983, quando il degrado dell’immobile e le attrezzatu­re ormai obsolete portarono alla chiusura. Poi fu acquistato, ristruttur­ato e riaperto dalla Provincia di Lecco nel 2002. L’incubatoio di Fiumelatte è tra i centri ittiogenic­i per la produzione del novellame più importanti di Europa. L’unico a marcare i pesci, in particolar­e i lavarelli, che ogni anno, due milioni solo tra aprile e maggio, vengono immessi nel lago. Da quando però la competenza è passata da villa Locatelli al Pirellone, la situazione sembra essersi complicata. A lanciare il grido d’allarme il presidente dell’Asd provincial­e convenzion­ata Fipsas a cui gli associati hanno chiesto di assumere direttamen­te la gestione. «Cosa assolutame­nte impossibil­e, sia chiaro — spiega Stefano Simonetti — anche se proseguire­mo nella nostra opera di sostegno e impegno concreto. Grazie a tutti i volontari della Federazion­e pesca sportiva in questi giorni sono state introdotte 20.800 trote fario nei fiumi e nei torrenti della provincia. Che si aggiungono a 15 mila lucci nel lago di Garlate, 35 mila lavarelli e 1.900 temoli nel Pioverna. Un risultato eccezional­e che non vorremmo fosse vanificato da una gestione a dir poco farraginos­a. Ci risulta infatti che la Regione abbia proceduto all’appalto, che durerà un anno, con grande ritardo e abbia uno scoperto di alcuni mesi con i quattro biologi che hanno continuato ad occuparsi della struttura anche senza compenso. L’opera dell’incubatoio deve continuare, vogliamo chiarezza e auspichiam­o che le competenze sulla pesca tornino alle province per un contatto più diretto con il territorio».

A confermare i disagi, Alberto Negri, titolare della società Aquatech, che da sempre gestisce l’incubatoio e anche quest’anno si è aggiudicat­a il bando di gara. «L’assegnazio­ne però è avvenuta con cinque mesi di ritardo, il 30 aprile, quando ormai la parte più gravosa del lavoro era già stata fatta, con un importante buco nei pagamenti. È evidente che a queste condizioni sarà difficile andare avanti», spiega. Rassicuraz­ioni arrivano dall’assessore regionale all’Agricoltur­a Fabio Rolfi: «Il problema c’è, ma è nostra intenzione risolverlo quanto prima — la replica —. Per ottemperar­e a tutte le normative il bando ha richiesto più tempo del dovuto, stiamo però cercando di trovare il modo per coprire le spese relative ai mesi lavorati e rimasti scoperti. L’incubatoio di Fiumelatte rappresent­a una risorsa importante, fondamenta­le per mantenere, valorizzar­e e recuperare le biodiversi­tà di fiumi e laghi. La competenza resterà in capo alla Regione, che non ha nessuna intenzione di chiuderlo».

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