Lecco, l’allarme dei pescatori
A rischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte. L’assessore Rolfi: il problema esiste
Arischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte, sul ramo lecchese del lago di Como. La Federazione pesca sportiva chiede che la competenza torni ad essere affidata alla Provincia.
LECCO A rischio l’attività dell’incubatoio di Fiumelatte, sul ramo lecchese del lago di Como, tanto che i 2.400 associati della Federazione pesca sportiva chiedono che la competenza, passata da un paio di anni a Regione Lombardia, torni ad essere affidata alla Provincia, con le relative risorse economiche. In gioco l’importante opera di ripopolamento ittico del Lario, che ha consentito di evitare la scomparsa, anche da fiumi e torrenti, di trote fario, salmerini e temoli. Mancati pagamenti ai gestori e lungaggini burocratiche hanno sollevato una alzata di scudi da parte dei pescatori.
Realizzato nei primi anni del Novecento su iniziativa del noto filantropo e naturalista Marco De Marchi, in attività fino al 1983, quando il degrado dell’immobile e le attrezzature ormai obsolete portarono alla chiusura. Poi fu acquistato, ristrutturato e riaperto dalla Provincia di Lecco nel 2002. L’incubatoio di Fiumelatte è tra i centri ittiogenici per la produzione del novellame più importanti di Europa. L’unico a marcare i pesci, in particolare i lavarelli, che ogni anno, due milioni solo tra aprile e maggio, vengono immessi nel lago. Da quando però la competenza è passata da villa Locatelli al Pirellone, la situazione sembra essersi complicata. A lanciare il grido d’allarme il presidente dell’Asd provinciale convenzionata Fipsas a cui gli associati hanno chiesto di assumere direttamente la gestione. «Cosa assolutamente impossibile, sia chiaro — spiega Stefano Simonetti — anche se proseguiremo nella nostra opera di sostegno e impegno concreto. Grazie a tutti i volontari della Federazione pesca sportiva in questi giorni sono state introdotte 20.800 trote fario nei fiumi e nei torrenti della provincia. Che si aggiungono a 15 mila lucci nel lago di Garlate, 35 mila lavarelli e 1.900 temoli nel Pioverna. Un risultato eccezionale che non vorremmo fosse vanificato da una gestione a dir poco farraginosa. Ci risulta infatti che la Regione abbia proceduto all’appalto, che durerà un anno, con grande ritardo e abbia uno scoperto di alcuni mesi con i quattro biologi che hanno continuato ad occuparsi della struttura anche senza compenso. L’opera dell’incubatoio deve continuare, vogliamo chiarezza e auspichiamo che le competenze sulla pesca tornino alle province per un contatto più diretto con il territorio».
A confermare i disagi, Alberto Negri, titolare della società Aquatech, che da sempre gestisce l’incubatoio e anche quest’anno si è aggiudicata il bando di gara. «L’assegnazione però è avvenuta con cinque mesi di ritardo, il 30 aprile, quando ormai la parte più gravosa del lavoro era già stata fatta, con un importante buco nei pagamenti. È evidente che a queste condizioni sarà difficile andare avanti», spiega. Rassicurazioni arrivano dall’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi: «Il problema c’è, ma è nostra intenzione risolverlo quanto prima — la replica —. Per ottemperare a tutte le normative il bando ha richiesto più tempo del dovuto, stiamo però cercando di trovare il modo per coprire le spese relative ai mesi lavorati e rimasti scoperti. L’incubatoio di Fiumelatte rappresenta una risorsa importante, fondamentale per mantenere, valorizzare e recuperare le biodiversità di fiumi e laghi. La competenza resterà in capo alla Regione, che non ha nessuna intenzione di chiuderlo».
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