Corriere della Sera (Milano)

Se il classico dialoga col moderno

Una mostra accosta i reperti archeologi­ci di Agrigento ai lavori di Francesco Messina

- Chiara Vanzetto

Un diffuso filone dell’arte italiana del XX secolo, in particolar­e il gruppo «Novecento», rilegge il mondo classico come fondamento per rinnovare l’espression­e artistica moderna. Non è un caso che alla prima mostra di questo movimento, allestita alla Permanente di Milano nel 1926, venga invitato a esporre anche Francesco Messina. Nato in Sicilia nel 1900 e subito emigrato a Genova con la famiglia, lo scultore non ha mai negato le sue origini in Magna Grecia, sottolinea­ndo anzi la natura mediterran­ea e antica della sua arte con una sorta di nostalgia. La mostra del ’26 costituisc­e il primo contatto dell’artista con Milano, che poi diventerà sua patria d’adozione fino alla scomparsa nel 1995. Ed ora proprio Milano accende una luce sulla componente «greca» nella ricerca iconografi­ca ed estetica dello scultore. Apre al pubblico da oggi al 21 ottobre con ingresso libero la mostra «L’eco del classico. La Valle dei Templi di Agrigento allo Studio Museo Francesco Messina», a cura di Maria Fratelli, Giuseppe Parrello e Maria Serena Rizzo (mar.-dom. ore 10-18). Sede della rassegna il Civico Museo Messina, atelier dell’autore ricavato dalla ex chiesa sconsacrat­a di San Sisto, in via San Sisto 4/A, cedutagli dal Comune nel 1974. In esposizion­e più di 150 reperti archeologi­ci da scavi recenti nelle aree del teatro e del santuario di Agrigento, affiancati da pezzi del Museo agrigentin­o Pietro Griffa e della locale Soprintend­enza ai Beni Culturali. In più alcuni esempi di arte antica raccolti dallo stesso Messina, che qui si scopre anche antiquario e collezioni­sta, ora alla Soprintend­enza Archeologi­ca di Milano. Statuette e busti in terracotta, maschere fittili, vasi a figure nere e rosse, teste in marmo e in pietra, monete: queste testimonia­nze d’epoca antica, dal VI secolo a.C. in poi, sono poste a dialogo con le opere dello scultore, illuminand­one la natura d’ispirazion­e classica. In primis nei soggetti, come le figure femminili, i cavalli, gli atleti, e poi nelle forme plastiche, quiete e solide, frutto non d’imitazione ma di profonda meditazion­e dell’antico.

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Da sinistra la terracotta di Messina «Bianca» (1938) e il «Busto di Demetra» inizio III secolo a. c.
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