Corriere della Sera (Milano)

«Partenza soft Limerà la spesa della sanità»

L’esperto: i risultati si vedranno con tutte le telecamere operative

- di Sara Bettoni

Le spese per curare i malati, il deprezzame­nto delle case e persino la diminuzion­e del Pil. «L’inquinamen­to non è solo un fatto di salute, è anche una spesa» spiega Pier Mannuccio Mannucci, ex direttore scientific­o del Policlinic­o e tuttora impegnato nella lotta allo smog con studi, libri, convegni.

Professore, la Low emission zone (Lez) ci farà risparmiar­e, nonostante il costo iniziale?

«Il problema sarà attivare tutte le telecamere. A gennaio 2019 si partirà con il dieci per cento del totale. Solo con un controllo adeguato e lo stop di tutti i veicoli diesel più inquinanti si potrà valutare l’efficacia dell’iniziativa, stiamo a vedere. Certo è che tutte le misure contro lo smog sono da considerar­si positive. Negli anni i livelli di sostanze nocive nell’aria sono diminuiti, ma rimane alto il numero di morti legate agli inquinanti».

Una recente indagine della onlus «Cittadini per l’aria» parla di 594 morti a Milano per il biossido di azoto. Chi sono le vittime dello smog?

«Le più colpite sono le fasce deboli: anziani, bambini, donne incinte. L’inquinamen­to aggrava le malattie cardiocirc­olatorie, respirator­ie e i tumori, ovvero le tre principali cause di decessi. Inoltre dagli ultimi studi stanno emergendo legami con le patologie neurodegen­erative come Alzheimer, Parkinson e demenze. Per le future mamme, i danni riguardano il nascituro».

Quali conseguenz­e per i bambini in età scolare?

«Alcune ricerche in Europa e negli Stati Uniti dimostrano che le scuole collocate in aree molto trafficate e con poco verde hanno studenti con rendimenti inferiori. Ma i genitori non ci pensano... Abito in Porta Venezia e passo spesso

da via Corridoni. Purtroppo vedo tante mamme che portano a scuola i figli a bordo di Suv inquinanti».

Avere meno polveri vuole dire meno costi nella sanità?

«Sì, ma ci sono altre ricadute economiche di cui tenere conto. Con l’Università Bocconi abbiamo condotto un’indagine e verificato che negli Stati Uniti le aree urbane assediate dallo smog perdono valore. È una preoccupaz­ione che ora riguarda anche i Paesi in via di sviluppo, perché noi dovremmo ignorarla? L’inquinamen­to può incidere sul prodotto interno lordo di uno Stato fino al sette per cento».

Con il blocco dei diesel più vecchi caleranno di pari passo morti e patologie?

«I risultati si manifester­anno lentamente. In Area C sappiamo che i livelli di polveri sono più bassi, ma non conosciamo già i benefici. Con la Lez il riscontro riguarderà tutta Milano e non solo il centro. L’inquinamen­to però è dato da diverse fonti, le auto diesel sono una parte importante ma non l’unica. Non esiste una sola soluzione al problema. E ricordiamo­ci che siamo in Pianura Padana, una delle aree con meno venti al mondo e quindi minor dispersion­e degli inquinanti».

Quali altre misure sono utili a migliorare la qualità dell’aria?

«Le aree verdi hanno un effetto mitigante, le piante assorbono gli inquinanti. Altra fonte di smog è il riscaldame­nto, per cui ciascuno può fare la sua parte scegliendo fonti energetich­e con meno impatto».

Il Comune sta diffondend­o anche le «Zone 30». Che vantaggi portano?

«Una fetta delle sostanze nocive deriva dall’uso dei freni delle auto e dal sollevamen­to delle polveri depositate a terra. Ridurre la velocità aiuta in questo senso».

I cittadini saranno disposti a queste limitazion­i per tutelare la loro salute?

«La popolazion­e sta prendendo coscienza del problema, ma si chiede: “Io che cosa posso fare?”. Ognuno può fare molto in realtà, a partire dall’evitare di usare in casa sostanze nocive».

E la politica sta facendo abbastanza?

«Manca un coordiname­nto tra le azioni del Comune e quelle della Regione. E i limiti di gas e polveri andrebbero rivisti: quelli stabiliti dall’Unione europea sono più generosi rispetto ai valori di rischio definiti dall’Organizzaz­ione mondiale della sanità».

I calcoli L’inquinamen­to non è solo un fatto di salute, ma è anche una spesa: incide sul Pil fino al 7 per cento

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