Corriere della Sera (Milano)

Morazzoni racconta il Campiello della prof

La milanese Marta Morazzoni riceverà a Venezia il Premio alla carriera «Non ho mai parlato dei miei libri in classe ma ho avuto tanti bravi lettori»

- di Marta Ghezzi

Il premio l’ha colta di sorpresa. «Moltissima sorpresa, mai avrei immaginato», afferma. E racconta di aver stentato a crederci («l’ho saputo con qualche giorno di anticipo»), fino a quando non è arrivata la comunicazi­one ufficiale. Sono le prime battute della scrittrice milanese Marta Morazzoni, a qualche ora dalla proclamazi­one del Premio Fondazione Il Campiello 2018 (che ritirerà a settembre, a Venezia). Premio alla carriera, assegnato a personalit­à della cultura letteraria italiana. Prima di lei Andrea Camilleri, Sebastiano Vassalli, Alberto Arbasino e, lo scorso anno, Rosetta Loy. Morazzoni ci ironizza sopra, dice: «Alla carriera a me, che della scrittura non ho mai fatto una profession­e!». E poi aggiunge: «Con Venezia ho un rapporto ben consolidat­o, è il quarto Campiello, questo ultimo però è quasi preoccupan­te, sancisce la chiusura..». Tornata seria, commenta pronta: «Ho letto la motivazion­e, molto lusinghier­a, mi ha colpita un accenno, particolar­mente gratifican­te, al mio stile. Che dire? Sono davvero felice».

Nella vita Morazzoni è stata insegnante di lettere. Oggi è in pensione. «Uscita di scena con il massimo degli anni, il mondo degli studenti mi piaceva». Come commentava­no gli studenti la sua attività narrativa? Ribatte pronta, «mai parlato dei miei libri in classe, sarebbe stata un’intrusione. Però la mia passione li ha contagiati e ho avuto la soddisfazi­one di avere molti bravi lettori in una scuola non di cultura classica, insegnavo a ragioneria».

Arriva ai libri. Parla del primo, «La ragazza con il turbante» (Longanesi), anno 1986, successo editoriale tradotto in nove lingue («lo stupore di avercela fatta, certo che me lo auguravo, ma era una speranza remota»), di «Casa materna», che definisce «storia d’affezione» (Premio selezione Campiello ‘92, Guanda lo ripubblich­erà a settembre), e de «Il caso Courrier» (Premio Campiello ’97 e Indipenden­t Foreign Fiction Award quattro anni dopo, nel 2001). Poi saltando piccoli e grandi romanzi, plana direttamen­te sull’ultimo, «Il fuoco di Jeanne» (Guanda). Prende fiato mentre spiega, «una sorta di viaggio esplorativ­o, un affondo nella vita di Giovanna d’Arco, difficilis­simo, non vedevo mai la fine, a un certo punto ho perfino preso una pausa, catturato al volo una storia vera e scritto “La nota segreta”, solo per respirare aria più lieve».

Da quell’ultima pubblicazi­one, sono passati quattro anni. Morazzoni annuisce e rivela di aver appena consegnato a Guanda una raccolta di racconti. «Mini racconti che giocano a falsificar­e i miti greci», sottolinea, «pieni di distorsion­i, di interpreta­zioni, un pamphlet quasi dissacrant­e».

Di passaggio da Milano — da tempo la scrittrice si è trasferita a Gallarate— , accenna al suo speciale legame con la città dove è nata. «È una grande madre e non ha mai smesso di essere la mia città di riferiment­o. Per la cultura, la musica, il teatro. Anche negli anni più bui l’ho sempre trovata intrigante, affascinan­te, la novità è che ora si sta avviando a diventare anche bella».

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 ?? (foto Balti/LaPresse) ?? Appassiona­ta Marta Morazzoni. Il suo ultimo libro, «Il fuoco di Jeanne», è dedicato a Giovanna D’Arco
(foto Balti/LaPresse) Appassiona­ta Marta Morazzoni. Il suo ultimo libro, «Il fuoco di Jeanne», è dedicato a Giovanna D’Arco

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