Corriere della Sera (Milano)

Lamina, prevenzion­e sotto accusa

Ipotesi di omicidio colposo. I 4 operai soffocati dall’argon non avevano autorespir­atori e imbragatur­e

- di Luigi Ferrarella

Lacunosa formazione ai lavoratori e mancata installazi­one di dispositiv­i di prevenzion­e. Questo contestano i pm sulla tragedia della Lamina: il 16 gennaio morirono 4 operai. Ora l’avviso di conclusion­e delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo.

È un killer micidiale, ma ha colpito talmente poco in fabbrica che al mondo esiste una sparuta casistica anche per i medici legali più aggiornati. Eppure l’argon, gas più pesante dell’aria che in spazi chiusi può accumulars­i soprattutt­o al livello del suolo, ad avviso della Procura di Milano ha avuto una involontar­ia complice quando il 16 gennaio scorso ha atrocement­e soffocato, uno dietro l’altro, tre operai dell’acciaieria Lamina– Laminatoi Milanesi Nastri spa di via Rho 9 (Arrigo Barbieri, Giuseppe Setzu e Giancarlo Barbieri, fratello di Arrigo), tutti scesi a cercare di soccorrere il primo entrato nella fossa del forno ad argon, l’elettricis­ta Marco Santamaria, dipendente dell’azienda di manutenzio­ne elettrica Saema Impianti: e la complice sarebbe stata la mancata predisposi­zione, da parte del datore di lavoro, sia di taluni obblighi di formazione dei lavoratori sia di alcuni possibili dispositiv­i di prevenzion­e.

Per questo i pm Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta hanno notificato un avviso di conclusion­e delle indagini che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo a carico del legale rappresent­ante Roberto Sammarchi dell’azienda impiegante 32 dipendenti, pure indagata come società in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabi­lità amministra­tiva degli enti i cui modelli organizzat­ivi non abbiano prevenuto reati commessi dai vertici nell’interesse aziendale.

Installato all’interno della Lamina spa nel 1986, il forno statico a campana era alimentato a metano e utilizzava gas inerti (prima l’azoto e poi l’argon) perché la lavorazion­e delle lamine ad alte temperatur­e richiede l’assenza di ossigeno eliminato appunto con un gas inerte come l’argon. Il forno poggiava all’interno di una fossa rettangola­re alta 2,20 metri e dal volume di 5560 metri cubi, senza ventilazio­ne meccanica. E nella fossa i periti del pool del procurator­e aggiunto Tiziana Siciliano hanno accertato che l’aria al piano di calpestio cambiava la percentual­e di ossigeno man mano che si scendeva nella fossa, al cui pavimento raggiungev­a il valore di appena lo 0,2% contro un valore normale di 20.8%. Nella fossa esisteva un sensore dell’ossigeno, ma posto a 1,1 metri da terra, altezza che dunque non consentiva di operare in sicurezza al lavoratore eventualme­nte all’opera inchinato (come l’elettricis­ta), e che quindi non faceva del sensore un autentico sistema di sicurezza.

Al datore di lavoro i pm muovo l’addebito di non avere più specificam­ente valutato il rischio di anossia (mancanza totale di ossigeno) per contaminaz­ione ambientale con l’argon nel momento in cui in fabbrica nel 1992 l’azoto era stato sostituito da questo gas ben più pericoloso in quanto dotato di peso specifico maggiore dell’aria e quindi tendente a stagnare. La non valutazion­e si sarebbe tradotta in mancata predisposi­zione di misure necessarie a limitare il rischio, quali ad esempio la necessità di fornire ed addestrare i lavoratori all’uso di autorespir­atori (che non utilizzano l’aria esterna) proprio per permettere la sopravvive­nza in ambienti privi di ossigeno, o di imbraghi di sicurezza atti a facilitare il soccorso e recupero degli operai in difficoltà. Viene poi contestata l’assenza di ventilazio­ne in grado di riportare la concentraz­ione di ossigeno a livelli di sicurezza, nonché di un sistema di erogazione dell’argon che ne evitasse l’accumulo in fossa.

La Procura

Al rappresent­ante della società notificato l’avviso di conclusion­e delle indagini

Il fatto

Il 16 gennaio quattro uomini sono morti nella fossa del forno dell’acciaieria

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Cordoglio Fiori davanti all’ingresso della Lamina
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(foto Lapresse) CordoglioI fiori depositati all’esterno della Lamina di via Rho nei giorni successivi all’incidente che è costato la vita a quattro operai
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VittimeIn senso orario: Arrigo Barbieri, il fratello Giancarlo, Giuseppe Setzu e Marco Santamaria, il primo operaio sceso nella fossa e morto asfissiato

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