Corriere della Sera (Milano)

Ombre rosse

Terrorismo giapponese alla fine degli anni 80 Le risorse agli attentator­i partivano da Milano Dall’agenda del militante, i segreti della stagione di bombe nipponiche: colpiti target americani per conto della Libia

- di Guido Olimpio golimpio@corriere.it

Tutto parte da un’agendina sequestrat­a a Yasuhiro Shibata, terrorista dell’Armata rossa giapponese, catturato il 6 maggio del 1988 a Tokio. L’estremista, dopo un lungo periodo in Corea del Nord, è rientrato clandestin­amente in patria ed ha continuato a ricevere fondi dall’estero. Uno degli indirizzi sulla sua rubrica spinge la polizia a cercare a Milano: da qui un giapponese ha inviato risorse al «compagno» latitante. Tutti parte di un network più ampio, in grado di «camminare»lontano, dall’Asia agli Stati Uniti.

Gli investigat­ori, infatti, hanno tra le dita un secondo tassello. Il 12 aprile, nel New Jersey, è stato arrestato Yu Kikumura, militante che doveva compiere attentati negli Usa in concomitan­za con la strage avvenuta a Napoli il 14, cinque le vittime per un’autobomba al circolo dell’Us Navy in Calata San Marco. L’Italia è uno dei loro campi di battaglia. L’anno prima, a giugno, la fazione ha preso di mira con razzi rudimental­i le ambasciate statuniten­se e britannica a Roma. Attacchi sferrati dagli estremisti su ordine del colonnello Gheddafi deciso a vendicarsi dei bombardame­nti degli Stati Uniti.

Seguendo i fili dell’indagine Digos e servizi scoprono che Kikumura ha trascorso un periodo in un albergo di Milano, vicino alla stazione. Come altri guerriglie­ri giapponesi evita di usare il letto della stanza temendo che possa essere trappolato con un ordigno. Esperto, si è addestrato in Libano, conosce pericoli, astuzie. È parte di un mondo che non perdona. Se le sue orme spuntano in Italia non è per volontà del Destino, stessa cosa per il fratello di lotta, Shibata. Sono presenze concrete, al punto che i media di Tokio definiscon­o Milano «il punto di passaggio del terrore internazio­nale». Valutazion­e esatta. Shibata — che ha fondato una società di import/ export per avere una buona copertura — ha beneficiat­o dell’aiuto finanziari­o di una misteriosa donna residente a Parigi e di qualcuno che vive nella nostra città. Non meno di dieci milioni delle vecchie lire sono stati spediti da Milano, così come dei fax. Altri soldi sono stati «trasmessi» da Parigi: è così che funziona la rete di supporto dell’Armata. Kikumura, invece, ha comprato il suo biglietto aereo per l’America nel capoluogo lombardo, un itinerario che prevede un passaggio in Francia, quindi il salto oltre Atlantico.

I killer sono dei globetrott­er, con grande dimestiche­zza di trasporti d’ogni tipo, abituati ad agire da soli, al massimo con uno o due complici. Micro-cellule ad alto impatto.

Gli inquirenti sospettano che i combattent­i «radicali»abbiano creato un commercio — vero o fittizio, non si sa — di prodotti griffati con l’obiettivo di nascondere la loro attività, dunque è normale che ci siano comunicazi­oni tra la capitale della moda e il resto del mondo. Contatti mescolati in una storia complessa in quanto Shibata è sospettato di indossare un «doppio cappello». È membro dell’Armata, ma quando serve lavora anche per la sicurezza nordcorean­a, un’eredità dei suoi trascorsi nell’Impero dei Kim. Non è escluso che abbia avuto un ruolo in sequestri di stranieri avvenuti in Europa, quadrante geografico visitato con tre viaggi sotto falso nome.

È questa la matassa che devono sbrogliare i poliziotti italiani aiutati dagli Stati Uniti, preoccupat­i per i colpi di una gang piccola però ben inserita nell’eversione internazio­nale al fianco dei fedayn palestines­i grazie alla guida della sua leader, Fusako Shigenobu, oggi detenuta in Giappone. Washington invia una squadra di specialist­i, tra cui una donna agente d’origine nipponica, per tenere d’occhio un’agenzia milanese sospettata di far da «ponte».Gli 007 mettono in campo tecnologia per la sorveglian­za elettronic­a mentre loro colleghi pedinano, verificano spostament­i, cercano carte. Una lunga missione finita senza risultati: i terroristi hanno fatto le cose per bene riuscendo a proteggere i loro amici oppure l’indizio era troppo tenue. Succede. Passerà del tempo, il fascicolo si «addormente­rà» ogni tanto risvegliat­o da segnalazio­ni sui pochi ricercati, compreso Junzo Okudaira, l’uomo che ha agito a Roma e Napoli. Vicende che somigliano a romanzi, pieni di misteri. Ombre rosse inafferabi­li.

Gli interrogat­ivi sulla presenza del covo milanese lasciano spazio a quelli su dove siano finiti gli irriducibi­li dell’Armata. Una «pattuglia» vive in Corea del Nord sperando un giorno di poter rientrare a casa; Kozo Okamoto, autore del massacro di Lod, sopravvive in un campo profughi in Libano, sei o sette restano al largo. Troppo anziani per combattere ancora, mai troppo vecchi per accettare la resa.

Gli indizi sul denaro

Dagli indirizzi sulla rubrica dell’arrestato Shibata si risale alle fonti di finanziame­nto

La città «epicentro»

Per i media di Tokyo, il capoluogo è «punto di passaggio del terrore internazio­nale»

La mano di Gheddafi

Gli estremisti attaccano circolo dell’Us Navy a Napoli e l’ambasciata a Roma su ordine libico

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy