NON TUTTO IL MONDO È IN UN CLIC
Un bambino su quattro di prima elementare usa abitualmente il computer per giocare. È un altro primato milanese. Quando la statistica dà i suoi numeri, anche solo confermando una realtà che empiricamente sperimentiamo tutti i giorni, non sappiamo nemmeno più se allertarci o rassegnarci. I rischi del computer sono ormai talmente pubblicizzati e risaputi, che nemmeno sembra più il caso di enfatizzarli. Le paure di immagini proibite e di incontri pericolosi sono al primo posto nell’agenda di ogni genitore, per cui è difficile stare di nuovo qui a dire attenzione, troppo computer in età troppo giovane non va bene. Qualche parola in più dovremmo invece sempre spendere su un altro rischio, percepito certo come meno tragico, ma non per questo meno subdolo. È l’idea dilagante — la nuova filosofia — che il mondo sia tutto lì dentro, nel computer. Inutile andare allo stadio perché tanto la partita è lì dentro, inutile il concerto perché tutta la musica è lì dentro, inutile il museo perché le opere d’arte sono lì dentro, inutile salire sullo scoglio per guardare un tramonto, perché pure quello sta lì dentro. Inutile scendere in cortile perché il gioco è lì dentro. Tutto il mondo in un clic. E le esperienze dirette, e le relazioni, e le emozioni vive sono solo l’armamentario obsoleto dell’altro mondo, il vecchio mondo delle fatiche reali. Ragazzi, se è questo che cominciate a pensare già da piccoli, fate attenzione: avanti con l’età, non saprete mai cosa vi siete persi.