Corriere della Sera (Milano)

Telecamere negli asili, sui treni e negli ospedali Una regione sorvegliat­a dal «grande fratello»

- Di Giampiero Rossi

Una regione videosorve­gliata. Dall’asilo nido alla casa di riposo, dalla stazione all’ospedale, lungo le strade e al petto di un vigile urbano potrebbe esserci una telecamera. Perché per tutte queste situazioni esiste un finanziame­nto regionale per l’installazi­one di un impianto a circuito chiuso. Poco meno di 6 milioni in quattro provvedime­nti, oltre 20 milioni negli ultimi 17 anni.

L’ultimo documento, in ordine di tempo, è di ieri: un progetto di legge regionale «a favore dei minori che frequentan­o nidi e micro nidi» pensato come risposta agli episodi di maltrattam­ento avvenuti in alcune strutture private. La proposta che l’assessore alle Politiche per la famiglia Silvia Piani porterà giovedì all’approvazio­ne della giunta contiene alcune linee di intervento «per sensibiliz­zare, prevenire, formare e informare operatori e famiglie», finanziate con 150 mila euro all’anno per il 2018 e il 2019 e uno stanziamen­to doppio — 300 mila euro per due anni — per «favorire l’installazi­one in via sperimenta­le e su base volontaria, dei sistemi di videosorve­glianza». Le telecamere non prevengono gli eventuali abusi, ma li ma documentan­o e favoriscon­o l’individuaz­ione e la punizione dei responsabi­li. La vera funzione, quindi, è quella di deterrente, spiegano in Regione. E l’assessore tiene a sottolinea­re di aver già rassicurat­o i sindacati sul fatto che non saranno utilizzate per il controllo a distanza dei lavoratori.

Ma oltre a vegliare sulla serenità e incolumità dei lombardi più giovani, il Grande fratello si occupa anche dei loro concittadi­ni più anziani: poco meno di un anno fa, infatti, l’assessorat­o al Welfare aveva stanziato un milione e 400 mila euro per finanziare — come deterrente per i maltrattam­enti — l’installazi­one di sistemi di videosorve­glianza nelle residenze per anziani e disabili. Nel maggio scorso, poi, l’assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato ha presentato un bando per un totale di tre milioni e 600 mila euro per favorire la diffusione di telecamere a circuito chiuso nei Comuni e tenere così sotto controllo «disagio sociale, degrado urbano e inciviltà» nei punti critici, a partire dalle stazioni ferroviari­e. E sono di poche settimane fa — nell’ordine — lo stanziamen­to di trecentomi­la euro per l’adozione di bodycam e telecamere mobili per gli agenti delle polizie locali e l’avvio di un progetto per la sicurezza negli ospedali che a sua volta comprende le telecamere.

I bandi, spiegano a Palazzo Lombardia, sono sempre stati molto partecipat­i e i fondi puntualmen­te esauriti. Ma come sono stati utilizzati questi fondi dai singoli Comuni? Si narra che in Valle Seriana, per esempio, l’installazi­one di sei telecamere abbia fatto precipitar­e il numero dei furti. E a Val di Scalve, sempre in provincia di Bergamo, dove esiste soltanto una via di accesso, l’effetto della videosorve­glianza sarebbe ancora più evidente. A Lecco il sistema avanzato di lettura delle targhe avrebbe favorito l’individuaz­ione di molti veicoli sospetti. E forse è per questo che, per fare un altro esempio, anche il Comune di Lambrugo (vicino a Erba) ha presentato il suo progetto da 48 mila 690 euro e 20 centesimi per farsi finanziare dalla Regione un impianto capace di leggere le targhe delle auto. Valmadrera, Malgrate e Oliveto Lario hanno proposto un piano per trenta nuove telecamere, Lissone ne vuole piazzare altre sei, e c’è grande interesse in tutto il territorio monzese: soltanto il Comune di Arcore ne ha già 38.

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I video Le violenze all’asilo Baby world di viale Sarca a Milano e le «body cam» per il personale viaggiante di Trenord
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