Caro-babysitter sul sito comunale Caccia ai kit gratis
Sul portale «WeMi-sostegno alle famiglie» rincari fino al 50% sui costi orari. Le denunce dei genitori
Fino a due giorni fa si arrivava addirittura a 18 euro l’ora, poi a Palazzo Marino si sono accorti dell’«errore» e la pagina «baby sitter occasionale» della sezione «sostegno alle famiglie» del sito WeMi è scomparsa con la motivazione «la cooperativa non lavora più con il Comune». Poco male, in verità, perché difficilmente una famiglia sarebbe stata disposta a spendere una cifra tra i 70 e i 90 euro per una sera tra ristorante e cinema senza la prole (ristorante e cinema esclusi). Tuttavia, sull’altra pagina del portale, quella dove sono «migrati» tutti i servizi di baby sitter consigliati dal Comune, occasionali o continuativi, restano tariffe decisamente rincarate rispetto ai salari previsti dal contratto nazionale. Cifre fino a quasi 15 euro, ben superiori a quanto le famiglie spendono per una collaborazione in regola, ma offerto come misura di «sostegno alle famiglie», dicitura che sottintenderebbe un risparmio che invece non c’è. Anzi, con le cooperative associate si paga di più. Fino a oltre il 50 per cento.
La piattaforma WeMi (Welfare Milano) è un portale gestito dall’assessorato delle Politiche sociali definito come «uno strumento per trovare soluzioni, scambiare esperienze e sperimentare nuovi servizi di welfare». Grazie a WeMi, «l’accesso al sistema dei servizi domiciliari del Comune è più semplice e veloce» tramite le «imprese sociali e le cooperative accreditate». «Qui potrai trovare tutto ciò che può aiutare le famiglie per la cura dei figli, delle persone non autosufficienti, degli animali domestici e molto altro». Dopo il riordino delle pagine avvenuto su segnalazione del Corriere nelle scorse ore, le cooperative che offrono babysitter sono scese a nove.Tutte realtà che offrono servizi dai 12 ai 14,64 euro l’ora rispetto a 9,50-10 che si spendono assumendo il lavoratore in autonomia e a norma di legge. In soldoni, significa dai 2,50 ai 5,14 euro all’ora in più rispetto ai minimi contrattuali o alle soluzioni una tantum esistenti, vale a dire dal 26 al 54 per cento in più.
Nessuna responsabilità diretta del Comune, beninteso, che si limita ad «accreditare» questi enti suggerendoli però come «sostegno e aiuto» alle famiglie. I tabellari del contratto nazionale, infatti, parlano chiaro. E per le prestazioni occasionali prevedono un minimo di 5,39 euro l’ora, che si riassume in un voucher da dieci euro scegliendo il «Libretto famiglia». Se si guardano le prestazioni continuative, invece, si sale a minimi di 7,97 per il servizio di babysitting che cresce a seconda del livello di istruzione del collaboratore familiare. Una cifra riassumibile in 9,50 euro l’ora, inclusi contributi e Tfr.
Oltre ai numeri, poi, c’è la comunicazione sul portale del Comune. Ognuna delle cooperative fa scelte diverse per motivare le tariffe. E se la più «virtuosa» indica i 9,50 euro come tariffa «indicativa» (poi maggiorata da costi di ricerca da 75 euro), altre evitano di declinare i costi di gestione pratiche che fanno lievitare i prezzi oppure precisano: «Il costo comprende selezione e ricerca del personale, la contrattualizzazione e il monitoraggio del servizio». E poi: «Se si scelgono i costi orari del contratto nazionale» vanno inclusi «320 euro per ogni ricerca». O, ancora, altri costi per «abbonamenti». Dal Comune fanno sapere che allo sportello CuraMi le soluzioni proposte alle famiglie sono alle tariffe (più basse) del contratto nazionale. Ma sulla pagina WeMi — che le famiglie le «aiuta» e «consiglia» — non se ne trova menzione. «La difficoltà per le famiglie milanesi — piega Massimo De Luca, avvocato dell’associazione Domina delle famiglie datori di lavoro domestico — non è mettere in regola i collaboratori. Milano è la seconda città in Italia dopo Roma per il numero di iscrizioni all’Inps di lavoratori domestici. Servirebbe semmai un supporto reale da parte dell’ente pubblico». Ci sono poi le agenzie private che rincarano una tantum offrendo servizi poco utili, il lavoro «nero» e pure gli affari che portano alcune cooperative a «lucrare» sui lavoratori. Nelle ultime settimane, inoltre, si sono accumulate numerose segnalazioni di genitori rimasti senza i sacchetti del «kit neonato» del Comune, un doppio pacco dono che mette a disposizione delle famiglie una serie di prodotti (contenitori per il latte materno, creme idratanti, pannolini, detergenti, prodotti per l’igiene dentale, coppette assorbilatte) e buoni sconti (per il cuscino da allattamento, per il tira latte e per le sale cinema bimbi dell’Anteo). Sia sui social network sia come segnalazioni al Corriere.
Una lettera pubblicata qualche settimana fa raccontava dell’assenza dei kit nelle farmacie. Sul sito più letto dalla «comunità delle mamme» due settimane fa si leggeva: «Ho ricevuto a casa la lettera ma in farmacia mi hanno dato soltanto un sacchetto con un solo prodotto per l’igiene dentale» e una serie di «Idem» come commenti (c’è chi aspetta da «due mesi e mezzo»), con tanto di risposta del Comune («I pacchi sono due, probabilmente uno non lo hanno disponibile»). «Nella nostra farmacia di Affori — segnala una coppia di genitori — non riusciamo a ottenerlo nonostante siano passati quattro mesi dalla nascita. Siamo andati più volte ma al bancone ci hanno sempre detto di non averne». Replicano dal palazzo: «L’anno scorso ci sono stati 11mila nati e 11mila pacchi, quest’anno siamo in linea con le nascite. Se le farmacie restano senza disponibilità è soltanto per brevi periodi tra una fornitura e un’altra». All’iniziativa di natura pubblico-privata per tutti i neonati milanesi partecipano le 84 farmacie del circuito di negozi Lloyds cittadino.
La replica Ci limitiamo a riportare le offerte delle coop, ma allo sportello CuraMi offriamo le tariffe nazionali I pacchi per i piccoli assenti soltanto per 2-3 giorni
I datori di lavoro
De Luca (Domina): «A Milano le famiglie assumono. Ma manca un supporto concreto»
Le paghe record
Rimossa la schermata di un servizio da 18 euro l’ora: «Un errore, non sono più con noi»