Corriere della Sera (Milano)

La casa-parlatorio in legno fabbricata con gli studenti

Ideata con gli studenti del Politecnic­o. In ottobre l’inaugurazi­one

- di Francesca Bonazzoli

I sogni? Si avverano. Come certifica la seconda puntata della storia raccontata su queste stesse pagine lo scorso gennaio. Loro, gli studenti di Architettu­ra del Politecnic­o di Milano, ci avevano sempre creduto al punto da fare in massa richiesta di iscrizione, a ottobre 2017, al laboratori­o dove avrebbero dovuto ideare nuove soluzioni per l’edilizia carceraria: «Un tema aperto a visioni utopiche», l’aveva definito Cristiano Gerardi, 23 anni, motivando la sua partecipaz­ione. Ma adesso anche i loro docenti ne hanno avuto la prova: con i sogni si possono abbattere persino i muri.

Quello che poteva sembrare un mero esercizio accademico, si sta concretizz­ando in questi giorni nella forma di una struttura di legno, una «casetta» rossa, già eretta nel giardino del carcere di Bollate, aperta e ariosa, pensata come luogo di incontro per i colloqui con i famigliari, in particolar­e i bambini.

Si chiama «Traccia di libertà» ed è il risultato delle idee sviluppate insieme — studenti, docenti, detenuti e polizia penitenzia­ria — durante gli incontri mensili tenuti dentro la casa circondari­ale di Bollate e all’interno del Politecnic­o dove lo scorso maggio un gruppo di detenuti, in permesso speciale accordato dal direttore Massimo Parisi, ha ricambiato la visita degli studenti.

Un mecenate milanese, Federico Sassoli de Bianchi, aveva letto la storia e con l’associazio­ne onlus Civicum ha deciso di sostenerla attraverso una donazione di quindicimi­la euro. «Per gli studenti è stata una bellissima opportunit­à. L’esito concreto è un aspetto tanto fondamenta­le quanto raro in ambito accademico, in particolar­e se è legato a una così evidente necessità sociale. Era importante lasciare nel carcere un segno tangibile della ricerca condivisa per mesi con i detenuti così come per questi realizzare un progetto di cui sono stati protagonis­ti in prima persona», racconta Andrea Di Franco, il docente che coordina la ricerca con i colleghi Chiara Merlini, Michele Moreno e Lorenzo Consalez. I fondi hanno permesso di realizzare la struttura lignea presso il laboratori­o di falegnamer­ia interna alla «Fabbrica recuperata Rima-flow» di Trezzano sul Naviglio, un altro interessan­te esperiment­o sociale.

E sono serviti anche a commission­are un filmato che documenta l’intero iter del progetto con lo scopo di divulgare questa storia in vista di un nuovo impegno nel carcere di San Vittore.

La casetta, la cui forma riprende quelle disegnate dai bambini, simbolo domestico e rassicuran­te per eccellenza, è già stata posizionat­a nel giardino del carcere, pronta per essere attraversa­ta, scavalcata, scalata e sfruttata fino al tetto soprattutt­o dai bambini che, per tenerli al riparo dai traumi, sono in maggioranz­a all’oscuro del fatto che il papà è «in galera».

Manca ancora l’albero che sbucherà dal tetto: un prunus che sarà messo a dimora per il 22 ottobre, giorno dell’inaugurazi­one ufficiale. «Non sarà solo una celebrazio­ne», spiega Andrea Di Franco che sta organizzan­do la giornata. «Ma anche l’opportunit­à per fare una riflession­e e un dibattito con le amministra­zioni e l’università in merito alle potenziali­tà generate dalla collaboraz­ione fra le istituzion­i».

La struttura

È stata realizzata dalla «Fabbrica recuperata Rima-flow», altro esperiment­o sociale

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Al lavoro La struttura realizzata da detenuti e universita­ri
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Di legno La fase di assemblagg­io della casetta progettata dagli studenti del Politecnic­o con i detenuti
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Per i colloqui la «casetta rossa» nel giardino del carcere. Sarà luogo di incontro tra detenuti e le loro famiglie

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