Atm, la guerra del palmare
Respinto dal tribunale il ricorso d’urgenza. «Nessun illecito dell’azienda»
Portare a casa il palmare, custodirlo e ricaricarlo. Un’incombenza che a una trentina di ausiliari del traffico di Atm proprio non è andata giù. Il dispositivo è pericoloso «per la salute psicofisica», dicono. Per questo hanno fatto un ricorso che poi è stato respinto.
Portare a casa il palmare con cui da marzo di quest’anno si verifica il pagamento via app della sosta, custodirlo e ricaricarlo presso la propria abitazione. Un’incombenza che a una trentina di ausiliari del traffico e accertatori della sosta di Atm (in tutto sono 259) proprio non è andata giù: il dispositivo, che pesa 7 grammi più di un tablet, è pericoloso «per la salute psicofisica» e per la privacy dei lavoratori. Inoltre, sostengono i trenta che hanno fatto ricorso alla sezione Lavoro del tribunale di Milano, sarebbero state fatte indebite pressioni dai vertici Atm e cambi di mansione dequalificanti a chi ha rifiutato di custodire il palmare.
Tuttavia la custodia del palmare e le mansioni contrattuali sono previste nell’accordo firmato e integrato con le parti sociali con tanto di riconoscimento di 900 euro lordi per il disturbo. Ma i lavoratori mai hanno ritirato i dispositivi e l’azienda nel frattempo li ha impiegati e li impiegherà, come previsto tra le mansioni contrattuali, per l’assistenza alla clientela nella rete metropolitana. Anche questo impiego era stato contestato perché ritenuto ritorsivo e illegittimo in quanto avrebbe disatteso il contratto sottoscritto nel 2003, ma ormai superato. Il Comune di Milano rispondendo alla diffida aveva rilevato in realtà il contratto a cui fare riferimento fosse quello dell’ottobre 2012, ora prorogato fino al 2020.
In attesa del giudizio previsto per questo autunno, i trenta lavoratori, rappresentati dall’avvocato Carmela Rosaria Di Salvo e dall’Associazione diritti e protezione dei lavoratori, hanno chiesto per due volte al tribunale un provvedimento urgente contro l’azienda che ieri è stato bocciato dai giudici. Il decreto di rigetto, ragionano i togati, arriva perché formalmente sono state inserite nuove contestazioni tra una richiesta di pronuncia e l’altra, ma nella motivazione rilevano come fin qui il comportamento di Atm non abbia ravvisato profili di illiceità. In particolare nel giudizio di ieri i giudici si sono soffermati sulle «indebite pressioni» e i «colloqui intimidatori». Nel corso del procedimento i lavoratori avevano riferito di frasi dal tenore minaccioso: «Ci avete pensato? Avete famiglia... Cosa pensate che succeda dopo il 21? Non la passerete liscia». Nonostante ciò, rilevano i giudici, non vengono citati episodi specifici e non vengono fornite indicazioni «più precise» alla richiesta di avere nomi e cognomi degli autori delle presunte minacce.
Allo stesso modo riguardo le mansioni ritenute non in linea con il contratto o dequalificanti, «non appare configurabile alcuna ritorsione»: Atm, si legge nel decreto, si è limitata ad assegnare i lavoratori «alle ulteriori mansioni previste» dal contratto. Una pronuncia quella del collegio presieduto dal giudice Eleonora Porcelli che pare dunque aprire per Atm una strada favorevole sulla vicenda
La diffida dell’Associazione diritti e protezione lavoratori era arrivata lo scorso aprile sui tavoli sia dell’azienda, sia dell’assessore alla Mobilità e all’Ambiente Marco Granelli e poi al Tribunale del lavoro. Nel documento si faceva riferimento anche a una presunta malversazione di denaro pubblico vista la nuova assegnazione ai servizi informativi presso le fermate della metropolitana.
Nel contratto sottoscritto nel 2003 si prevedeva lo stanziamento di fondi a carico del Comune di Milano per far fronte alle retribuzioni degli ausiliari della sosta. Oggi però, stando al nuovo contratto del 2012, quei denari sono tutti in carico ad Atm. Il Comune di Milano ha respinto le accuse di malversazione.
Il contratto
I lavoratori non hanno ritirato gli apparecchi e sono stati impiegati in altre mansioni