Marco Mazzei, ciclista e attivista «Sono allergico a mode e tendenze Ho trovato la mia oasi al Bellezza»
Marco Mazzei arriva, ovviamente, in bici. Con il casco in testa («sono così abituato che a volte, d’istinto, lo cerco anche se devo andare a piedi!»), in sella a una due ruote compatta e pieghevole di ultima generazione. Una bici leggera (brand inglese, famoso, lui ha strappato il marchio per non renderla riconoscibile), con cui il giornalista fila ultra veloce per le vie di Milano («chi dice che la bici è un mezzo lento non ha capito niente»). Entra nel cortile dell’Arci Bellezza, nell’omonima via, e si guarda in giro. Allegro, sorridente. «Ci vengo da venti, venticinque anni», dice, «e non è cambiato quasi niente: tutte le volte è lo stesso salto temporale, respiro una Milano del passato, rilassata e poco modaiola». Dalla prima volta sono passati tanti anni, ma qualche dettaglio è ancora impresso nella memoria. Come il fritto misto. «Pesantissimo, ma ci sono ricascato», rivela. «Mi portò un amico, allora c’era poca scelta, i locali “alla buona” dove potevi mangiare li contavi sulle dita di una mano. Mi conquistò l’atmosfera rétro, con i tavolini all’aperto, gli anziani che giocavano a bocce..». A questo punto il sorriso di Mazzei si spegne. «Io non so giocare», confessa, «ma era il piano, in- sieme ad alcuni amici, per la vecchiaia. Quando hanno tolto il campo, si è dissolta la prospettiva. Un duro colpo!».
Venticinque anni di assidua frequenza. Annuisce e rivela, «solo d’estate, però». Niente balli nel salone interno? (quando fa freddo). «Il ballo non è nelle mie corde, mi limito ad affacciarmi per curiosare». Inevitabile un accenno al parco Ravizza, qui accanto. Lui, cautamente, ne prende le distanze. «Non è il mio ideale di verde, ma mi piace attraversarlo, è un passaggio segreto per arrivare in Bocconi».
Bici solo bici. «Ho venduto l’auto quattro anni fa. A Milano, come a New York, si può vivere tranquillamente senza». L’attivista (non si contano i gruppi e le associazioni ciclistiche di cui fa parte), in forza nel consiglio direttivo del Comitato Velodromo Vigorelli, è anche fra i fondatori di Massa Marmocchi (la Critical Mass per accompagnare i bambini a scuola in bici). «Un’esperienza favolosa. Abbiamo iniziato cinque anni fa con una scuola, ce lo aveva chiesto una mamma, ora ne partecipano una ventina», fa sapere. «I piccoli imparano a girare tranquilli, ma l’azione più significativa è sui genitori. Dopo aver lasciato i figli proseguono per l’ufficio in bici o a piedi, così si innescano pratiche positive. Al mattino, poi, passare insieme in gruppo, tutti sulle due ruote, con la musica, è stupendo. Ci salutano i negozianti, i baristi, gli studenti più grandi, è un flash di come potrebbe essere la città». Tempi non ancora maturi? «Sono ottimista, ho visto grandi cambiamenti negli ultimi anni, penso sia questione di una o due generazioni. L’errore è pensare che sia una questione politica. Dall’alto può arrivare l’incentivo verso certi comportamenti, ma poi sono le persone che fanno le scelte. Per questo puntiamo a insegnare la mobilità più dolce alle nuove generazioni».
Vengo qui da 25 anni e tutte le volte è lo stesso salto temporale: respiro un’aria del passato, rilassata e poco modaiola Mi conquistò l’atmosfera vintage
Ho venduto l’auto quattro anni fa A Milano, come a New York, si può vivere tranquillamente senza. Chi dice che la bicicletta è un mezzo lento non ha capito niente