La magia del Trotter con la gallerista Quarestani «È come stare in un film»
Elena Quarestani abita in pieno centro, a poca distanza dal Conservatorio. Assab One, l’edificio industriale di famiglia trasformato in spazio d’arte contemporanea, è in una parallela di via Palmanova. Il parco Trotter risulta quindi sulla sua traiettoria casa-lavoro e in estate, nel tardo pomeriggio, lei si concede volentieri una pausa. Dalla borsa della gallerista, che si è accomodata su una panchina, fa capolino la copertina di un libro (è l’ultima indagine di Montalbano, il commissario di Andrea Camilleri). Lei racconta: «Mi metto a leggere sotto il bersò di glicine, aspettando qualche alito di vento, oppure faccio semplicemente due passi». Il parco, affacciato da un lato su via Padova, nell’immaginario collettivo non è un luogo idilliaco. Quarestani
Sui prati e nei viali di questo parco passa il mondo intero A volte sembra quasi di essere dentro a un film Fermarsi un momento a osservare è magico
Non sono l’unica a essere stata catturata dalla vivacità di questo quartiere anche se credo di aver giocato da apripista Inaugurare Assab One nel 2002 è stata una scommessa
sbotta: «Quante storie, si sta benissimo», dice. «Comunque Fondazione Cariplo, la notizia è di inizio mese, investe su questo giardino, luogo di fascino con un potenziale incredibile, ma ancora inespresso». Liquida poi ogni altra polemica aggiungendo: «Penso che se via Padova fosse a Londra o a Parigi sarebbe già stata presa di mira per farla diventare quartiere di tendenza».
Osservo il mondo. Nel suo racconto sul Trotter, enfatizza l’aspetto multiculturale. Vincente. «Da questi viali, su questi prati, passa il mondo intero, a volte sembra quasi di essere dentro a un film. Fermarsi a osservare è magico», dice. Parla con divertimento delle coreografie dei giovani filippini, che danzano in gruppo, dei musicisti che improvvisano, delle mamme che spingono le carrozzine. «Capita di scambiare quattro chiacchiere fra sconosciuti, in altri parchi più blasonati c’è indifferenza. Di recente un signore appassionato di botanica mi ha indicato una quercia rossa secolare e poi, notando il mio interesse, si è offerto di accompagnarmi in un minitour fra olmi siberiani e platani». Sorride e rimarca: «Non sono l’unica a essere stata catturata dalla vivacità del quartiere, anche se credo di avere giocato da apripista. Inaugurare Assab One, nel 2002, è stata una scommessa, allora era difficile immaginare come l’arte avrebbe potuto integrarsi in un territorio così periferico. Ha funzionato: promuoviamo mostre, percorsi artistici ed eventi culturali. Ha suonato da poco il violoncellista Mario Brunello, abbiamo partecipato al Fuorisalone, collaboriamo con Politecnico, Naba, Brera. E gli spazi dotati di forte personalità, dove emerge il passato industriale, sono richiesti anche dai privati». Pausa. «Oggi comunque non siamo più isolati. Sta iniziando a crearsi un discreto movimento di arte e artisti. Dietro al parco ha lo studiolaboratorio il designer Giacomo Moor; in una delle tante ex officine di zona, Antonio Rualdi ha fatto nascere lo spazio Cler, e ancora c’è lo spazio Cosmo di Luca Pancrazzi».
Si alza dalla panchina, e mentre sorride a un gruppo di donne in sari, esclama: «E pensare che il primo pensiero sull’ex fabbrica che aveva ospitato per quaranta anni le Grafiche Editoriali Ambrosiane è stato, ‘lo vendo’ ».