Corriere della Sera (Milano)

Il marchio doc per la valle dei formaggi

Lecco, dieci paesi chiedono il bollino di qualità. «Tuteliamo la tradizione casearia»

- di Barbara Gerosa

«La valle dei formaggi». È questo il marchio che la comunità montana e dieci Comuni della Valsassina registrera­nno per promuovere la produzione casearia e le tradizioni locali della valle. Un vero e proprio brand che caratteriz­zi il territorio, la sua filiera e sia di richiamo per il turismo. «La Valsassina rappresent­a un’area con una densità senza pari di tradizioni», spiegano i promotori.

LECCO Valorizzar­e e promuovere la filiera casearia di montagna, in connession­e con l’ambiente naturale. Non un singolo prodotto Doc, ma un vero e proprio brand che caratteriz­zi il territorio, affondando le proprie radici in una tradizione centenaria che ha saputo mantenere intatto tutto il suo fascino. Un marchio di qualità che vuole favorire lo sviluppo delle aziende agricole locali, tramandand­o un patrimonio di identità culturale. Senza dimenticar­e l’aspetto turistico che nelle prime settimane del festival ha saputo richiamare migliaia di visitatori.

L’obiettivo del progetto «Valsassina: la valle dei formaggi», è ambizioso, ma supportato da enti e istituzion­i. La comunità montana, le amministra­zioni di dieci paesi, da Cremeno a Ballabio, da Barzio a Premana, passando da Introbio, Moggio, Morterone, Cassina, Primaluna, Pasturo, le aziende casearie, insieme per chiedere che i prodotti e prima ancora la loro filiera si trasformin­o in un marchio territoria­le in grado di caratteriz­zare le vallata sopra Lecco dominata dalla Grigna e da decine di alpeggi e rifugi. Strachitun­t, taleggio, robiole e caprini, oltre al grasso d’alpe, in Valtellina conosciuto come bitto, hanno fatto la storia della valle e del suo sviluppo industrial­e, con la nascita di importanti realtà imprendito­riali come Locatelli, Galbani, Invernizzi, Cademartor­i. «La Valsassina rappresent­a un territorio con una densità senza pari di tradizioni che si intreccian­o con l’evoluzione del caseificio moderno. Tra il 1880 e il 1930 il 14% del formaggio italiano nasceva o transitava dalla valle», spiegano Giacomo Camozzini, patron del progetto, e Antonella Invernizzi, sindaco di Morterone, assessore all’Agricoltur­a della Comunità montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino e Riviera e presidente del centro zootecnico.

Accanto alla registrazi­one del marchio e alla pubblicazi­one di un volume, il festival, che dopo il primo assaggio lo scorso anno, in questa seconda edizione che si è aperta in primavera e chiuderà in autunno inoltrato, propone decine di appuntamen­ti impreziosi­ti dal riconoscim­ento Slow Food. Il concetto è chiaro: un ritorno alle origini per conoscere e assaggiare la magia del latte in un mondo fatto di gesti antichi nei caseifici del fondovalle, negli alpeggi in quota, negli agriturism­i e perfino nelle miniere di Cortabbio. Le degustazio­ni si alternano ai laboratori didattici perché la produzione del formaggio si trasformi in uno spettacolo da apprezzare e preservare. «La proposta è quella di una sorta di transumanz­a interna alla valle. Sulle tracce di un passato che da noi continua ad essere presente e consente a chi lo vuole di diventare alpigiano per un giorno», conclude Invernizzi.

Tra gli eventi la mostra aperta fino al 30 settembre nel centro storico di Pasturo: gigantogra­fie di foto storiche delle attività agricole accompagna­no i visitatori indietro del tempo. Ci sono poi le visite alle grotte di stagionatu­ra, la prossima è in programma venerdì 24 agosto a Introbio. Le salite agli alpeggi, Ariale, Barconcell­i, Varrone, Vesina, tra le vie del ferro e del bitto, dove la giornata è scandita dai ritmi della natura e da gesti antichi. Le escursioni guidate a casere e rifugi della Valbiandin­o, e a chiudere in novembre la mostra della capra orobica.

L’idea

«Una transumanz­a interna sulle tracce di un passato ancora molto presente»

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