La Prima Guerra «fredda»
In Valcamonica un museo racconta il conflitto del ‘15-’18 sulle cime lombarde
A Temù, dove la Valcamonica diventa montagna, il Museo della Guerra Bianca (via Roma 40, aperto tutti i giorni, ore 10-12, 15-19, tel.
334.64.87.127) custodisce oltre 1.600 reperti, molti dei quali unici, uno spettacolare apparato fotografico corredato dalle testimonianze dei soldati che durante la Grande Guerra si trovarono a combattere tra le vette delle montagne lombarde. Cime tempestose prima e più ancora che per gli scontri, per le condizioni estreme di quei luoghi inospitali. Pensando di controllare meglio vallate e pianure, tra italiani e austriaci iniziò una vera gara a portare sempre più in alto cannoni e fortificazioni. Con cani e muli che, però, subivano troppo il freddo e, nonostante fossero stati creati appositi occhiali da ghiacciaio per loro, si ammalavano agli occhi per la luce riverberata dalla neve. Le immagini raccontano di come gli uomini stessi fossero impreparati a quegli inverni in quota dove scendevano anche oltre 20 metri di neve, con temperature spesso a – 40°. In una teca compaiono enormi calzature in paglia nelle quali le sentinelle dovevano infilare i piedi con gli scarponi perché non congelassero durante i turni di guardia. Le tende furono sostituite da edifici in legno e lamiera (all’ingresso ve n’è uno recuperato a 3.400 m e arredato con mobilio e oggetti originali). Testimoni raccontano le loro paure mentre infuria la tempesta che sembra strappare via quei fragili ripari, con l’incombente pericolo delle valanghe. Si allargarono i confini dell’alpinismo per salire su creste strapiombanti con qualunque tempo e portare a forza di braccia e funi cannoni, come quello enorme che ancora troneggia ai 3.200 metri di Cresta Croce. Vari di quei cannoni sono collocati all’esterno, nelle sale vengono schierati proiettili di tutte le dimensioni, tra divise italiane e austriache, una teleferica, scatolette per il rancio e attrezzi da cucina, fucili, sci e zaini. Un dettagliato documentario raccoglie immagini e pellicole dell’epoca, seguendo la linea fortificata che costella tutti i rilievi lombardi.