Vie d’acqua e Seveso
IL BELLO E IL CATTIVO DEI FIUMI
Il buono, il brutto (tempo) e il cattivo in una manciata di spazio. Il rapporto di Milano con le sue acque sta tutto qui, nel fascino dei corsi e delle rogge che alimentano arti, commercio, turismo e nella brutalità delle esondazioni ai danni degli abitanti. Non occorre scomodare i progetti di Leonardo, gli scritti di Bonvesin de la Riva, la storia dei Celti e Medhelan per ricordare i legami di questo territorio e della sua gente con i fiumi. Oggi la narrazione si riduce a pochi nomi: Naviglio, Seveso, Lambro. Il primo per la velleità di scoprirne tratti in nome all’antico fascino, gli altri per le tracimazioni causate della decennale mancanza di opere. Due aspetti — l’affinità è quasi offensiva — che Palazzo Marino deve affrontare. E con le dovute gerarchie. La necessità di una serena quotidianità, che non sia ostaggio del meteo, è primaria in una città civile. I ritardi e le lungaggini vanno superate e bene fanno Comune e Regione a collaborare per accelerare la realizzazione delle vasche di contenimento delle acque. Ogni giorno perduto è una vittoria dell’inadeguatezza. Poi la riapertura dei Navigli. Un affondo romantico nel cuore della milanesità fatta di poesia, ricordi, presenze e di un mai rinnegato business. Ci sia un dibattito serio, idee chiare, spazio per tutti. Poi vinca la maggioranza. Ma con la consapevolezza che il bello e il cattivo dei fiumi non si possono affrontare con energie ed entusiasmi diversi. Bisogna fare bene e presto sia nel realizzare i sogni che nel difendere le periferie infangate. Per ridare dignità a Milano e per ridare dignità all’acqua.