Emergenza eroina al parco Cassinis Le carenze di test e di coordinamento
Entrando nel parco Cassinis, e lasciandosi sulla sinistra il «Parco avventura del Corvetto», uno dei simboli della riqualificazione della zona, basta percorrere qualche decina di metri. Si incontrano le prime panchine, sotto gli alberi. E sotto le panchine, alcune siringhe. Più in là, un cucchiaino, usato per sciogliere l’eroina. Perché il «boschetto» di Rogoredo, la più grossa piazza di spaccio del Nord Italia, è in fondo a quel parco, a 3/400 metri di distanza. I movimenti, da lontano, sono controllati da vedette degli spacciatori. Le siringhe usate dentro il parco Cassinis sono il segnale che, mentre le istituzioni prova a «riprendersi» il «boschetto», ciò che gira intorno a quella collina di spaccio si allarga. E dunque è giusto verificare in che modo le istituzioni si stanno attrezzando per prevenire la possibile esplosione di una nuova epidemia di eroina. La prima domanda è: le strutture sanitarie sono attrezzate per capire cosa sta accadendo? Da questo punto di vista esiste una grave carenza, perché manca un sistema di allerta locale in grado di verificare quello che accade almeno sull’area metropolitana. E cioè avere un quadro dettagliato e aggiornato di malori, overdose e decessi collegati alla droga. Il Dipartimento interaziendale delle Dipendenze (a cavallo delle diverse Ats), i centri anti-veleni (come quello del Niguarda) e i pronto soccorso collaborano per lo scambio di informazioni, ma lo fanno più che altro grazie al senso di responsabilità di una rete di professionisti. Un sistema strutturato che permetta di capire quali sono gli effetti sanitari in tempo quasi reale non esiste. Sarebbe invece fondamentale avere un quadro sempre aggiornato, per rispondere in modo adeguato se, ad esempio, dovessero diffondersi partite di droga tagliate con sostanze potenzialmente letali o con principio attivo tale da provocare immediati danni. Di fatto, ad oggi, nessuna istituzione milanese è in grado di affermare con certezza quanti siano stati nell’ultimo anno i morti per droga in città o gli interventi per overdose. Le responsabilità su questi temi fanno capo alla Regione. Il secondo elemento chiave è l’insufficienza dei test: i laboratori nei reparti di pronto soccorso sono infatti in grado di rilevare soltanto pochissime sostanze rispetto a quelle in circolazione. Di fatto, non è oggi possibile capire con che cosa viene tagliata la droga, in particolare l’eroina. Sarebbe invece fondamentale capire se, ad esempio, agli stupefacenti vengano mescolati oppioidi sintetici o altre sostanze.