«Olimpiadi, meno gare ma il brand a Milano»
Proposta del Comune. Giorgetti: molte cose da superare, c’è fiducia
Milano prova l’all-in: alza la posta sul tavolo pur di riuscire a spuntarla sul nome delle eventuali Olimpiadi invernali del 2026. Dopo la fusione a freddo fra i tre differenti dossier, il nodo è tutto là, nel brand attorno a cui ruoterà la candidatura italiana. A oggi nessuno sembra voler cedere: «Pari dignità», è l’input che lanciano al termine del giro d’incontri di ieri con il governo e il Coni sia l’asse TorinoPiemonte che Cortina-Veneto. Ma Palazzo Marino, con la Regione al suo fianco, vuole ad ogni costo che il nome nel simbolo sia quello del capoluogo lombardo. E nei loro piani, quel «Milano 2026» da poter sparare sotto ogni forma e su qualsiasi piattaforma di comunicazione a livello mondiale per oltre un lustro val bene qualche sacrificio. Nasce così la proposta recapitata al sottosegretario Giancarlo Giorgetti: siamo disposti anche a rinunciare a qualche gara — è la sostanza — pur di battezzare i Giochi con il nostro nome. Perché è questo l’asset che Beppe Sala ritiene fondamentale per prolungare e potenziare il momento favorevole della città.
Risposte, per ora, non ce ne sarebbero state. Ma già il fatto che l’idea non sia stata rispedita subito al mittente, per la delegazione sarebbe un segnale del fatto che margini di trattativa su questo fronte ci sono. E in questa chiave viene letta anche la volontà del governo di una nuova valutazione di costi e benefici della probabile corsa a tre, comunicata ieri da Giorgetti. La «mozione» milanese non è ancora a livello di dettaglio. Negli incontri a Palazzo Chigi — lunedì era toccato al sindaco Sala, ieri all’assessore comunale allo Sport Roberta Guaineri e al sottosegretario lombardo Antonio Rossi — non sarebbero state indicate quali gare o discipline, all’interno del bouquet assegnato alla città dal dossier tripartito firmato dal Coni, Milano sarebbe disposta a cedere sull’altare del marketing planetario. Per risolvere l’impasse sul brand c’è comunque tempo, almeno fino al nuovo anno. Altri quattro mesi per le diplomazie, quindi. La questione del logo non rientrerà infatti nella lettera da consegnare al Comitato internazionale olimpico (Cio) il 19 settembre. In quel passaggio basterà la formalizzazione della volontà dell’Italia di presentare una candidatura con il pieno sostegno del governo.
E quest’ultimo c’è. Se la giornata di ieri non ha prodotto la sintesi definitiva fra le città, ha però chiarito la posizione dei giallo-verdi. «Il garante finale» di tutta l’operazione, ha assicurato il sottosegretario leghista Giorgetti, «è il governo e la cabina di regia è inevitabilmente dell’esecutivo perché questa è la candidatura dell’Italia, non di una singola città». «Per la prima volta vogliamo sperimentare una candidatura diffusa sul territorio. Quindi bisogna incastrare esigenze e sensibilità diverse». Al riguardo, ha aggiunto, «abbiamo fatto passi in avanti, oggi abbiamo più certezze che dubbi. Ci sono ancora alcune cose da superare ma siamo fiduciosi. Faremo l’ultima valutazione in consiglio dei Ministri. La decisione arriverà il 18 settembre». Per il sottosegretario in quota M5S, Simone Valente, fondamentale sarà la sostenibilità economica dell’evento: «Sarà l’analisi costi-benefici a sciogliere la riserva».