Duello tra i passanti a colpi di pistola
Terrore alla Comasina: sparati dodici colpi, nessun ferito. Forse un avvertimento
Sparatoria ieri mattina, verso le 11, alla Comasina, in piazza Gasparri. Due uomini hanno esploso con le pistole una dozzina di colpi in mezzo ai passanti, poi sono fuggiti. Non c’è stato alcun ferito, ma numerosi proiettili sono finiti contro le auto e uno scooter. Secondo i carabinieri il fatto che i due malviventi non si siano colpiti seppur a distanza ravvicinata potrebbe far pensare a un atto intimidatorio.
Ha un confine geografico definito la sparatoria di ieri mattina alla Comasina, una scena del crimine racchiusa tra i portici di piazza Gasparri, quelli sempre frequentati da passanti e residenti, tra l’ufficio postale da una parte e il bar «El Tabacheé» dall’altra. Asfalto e aiuole dove i carabinieri hanno recuperato una dozzina di bossoli, segnato col gesso cerchi a terra, esaminato i fori dei proiettili finiti contro la carrozzeria di un’auto parcheggiata, di uno scooter, tra i frammenti di un finestrino fracassato. C’era un uomo al bar, un uomo in piazza, tutti e due armati, tutti e due hanno sparato, erano circa le 11, scena da Milano anni Novanta, faide regolate in strada con le pistole: ed è un caso che a terra, tra persone che scappavano, clienti che si rifugiavano nel bar o nei negozi, non sia rimasto un ferito, o un morto. Oppure, al contrario, non è un fatto fortuito, perché è altrettanto strano che a distanza ravvicinata, con tutti quei colpi esplosi, nessuno degli «obbiettivi» sia stato centrato: e allora, seguendo questa seconda ipotesi, la sparatoria avrebbe una dinamica diversa da quella finora ricostruita e sarebbe più una violenta intimidazione, un avvertimento, un messaggio di violenza feroce lasciato proprio là, al centro della piazza che è il centro storico della malavita del Nord Milano.
È per questo che l’inchiesta è ora in mano al Nucleo investigativo dei carabinieri, militari che si occupano di criminalità organizzata, uomini che lavorano da anni su nomi, parentele, traffici e legami criminali nel quadrante tra Quarto Oggiaro, Comasina e Bruzzano. Perché al momento la sparatoria di piazza Gasparri è ancora misteriosa quanto a esecutori e obiettivi, anche perché le testimonianze sono poche, quasi nulle, pur se è avvenuta davanti a decine di persone. Però intorno a questo fatto per ora non definibile si può tracciare un confine ben definito, che racchiude le schegge di una vecchia «pax mafiosa» andata in frantumi da poco più di un anno e mezzo. Gli investigatori più esperti hanno avuto il sospetto che questa deriva «camorrista» sarebbe esplosa fin dalla fine di febbraio del 2017, dal giorno del funerale di Mario Domenico Pompeo, personaggio carismatico e mediatore, uomo che sapeva tenere insieme vecchi e «sbarbatini». Non proprio un capo, ma una sorta di garante, riferimento (fino a che era vivo) per i vari gruppi che gestiscono e si spartiscono il traffico e lo spaccio di droga: con Pompeo su piazza non si erano mai «azzannati». Dopo sono arrivate le gambizzazioni e il pestaggio dell’Ambrocar, carrozzeria di Novate, dove 8 incappucciati entrarono armati. L’obiettivo era amputare il braccio dell’uomo che la gestiva, che si salvò solo perché esperto di arti marziali. Era luogo di un’alleanza criminale ora andata in frantumi. «Vuoto di potere». Territorio di contesa.
È quel che ha svelato l’inchiesta «Sangue blu» dei carabinieri (dal nome della chat creata dal commando con la fotografia di un personaggio della serie «Gomorra»), lo scorso luglio (9 arresti). Dietro l’assalto all’ex carrozzeria c’era il controllo della più importante «centrale milanese del narcotraffico». E poi l’altra inchiesta («Red carpet», sempre a luglio scorso, 23 arresti della Squadra mobile della polizia) che ha stroncato i legami tra chi controllava i traffici e alcuni poliziotti del commissariato di zona. Le indagini e gli arresti hanno probabilmente evitato scontri a fuoco, di certo ridotto e indebolito le bande, ma chi è fuori continua ancora a sparare.