Corriere della Sera (Milano)

LA MOSCHEA E L’«INCIVILIME­NTO» NELLA CITTÀ DELLA TOLLERANZA

- Luigi Rancati gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, le campane di San Babila e San Carlo suonano a tutto braccio, annunciano la rentrée settembrin­a; la città è un formicolio meneghino abbronzato e rilassato. Peccato, Milano è così bella in agosto, spopolata, neanche un prete per chiacchier­are…

«Ma se ghe pensu», è stato un agosto lugubre. L’occhio segue delle donne con velo multicolor­e e passo svelto in Corsia dei Servi. Eccoci a San Vito in Pasquirolo, centrale chiesetta dove ora si pratica il rito Ortodosso. La chiesa è piena, tutti in piedi, tante candele, ripetuti segni della Croce alla loro maniera. Si prega compostame­nte in russo nella manzoniana Corsia dei Servi. Lì fuori quattro sassi delle terme romane. Più avanti il Beccaria tiene d’occhio il Palazzo del Capitano di Giustizia, con il Pellico e il Confalonie­ri mandati nel carcere dello Spielberg, nella città di Brno: dei delitti (patriottic­i) e delle pene (adesso ci sono i ghisa delle multe a raffica).

Piazza del Duomo, lunghe file per entrare nella cattedrale, gli addetti svuotano tutte le borse, per evitare attentati. Anche nella città della tolleranza? E tutti gli sforzi dell’imperatore Costantino con la sua statua alle Colonne di San Lorenzo e il suo editto, detto anche editto di Milano? «... Affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità.» Belle parole che hanno cambiato il mondo. Si parla di costruire cinque o sei templi tutti in una volta. Bene, meglio che vedere la folla di uomini proni sull’asfalto di via Jenner. E le donne? Di solito le donne pregano più degli uomini. Mah.

Ben vengano se sono luoghi di culto per pregare ognuno il suo Dio, proprio come voleva l’imperatore Costantino. Così eviteremo le lunghe code per entrare nel Duomo di Milano, la capitale mondiale della tolleranza.

Caro Rancati, «Milano vicino all’Europa» — cantava Lucio Dalla — «ti fa una domanda in tedesco/e ti risponde in siciliano...». È cambiato tutto. E l’opera di incivilime­nto (come la chiamavano Romagnosi e Cattaneo) con gli immigrati non può essere la stessa di prima. Tanto più che oggi non ci sono le grandi fabbriche, veri laboratori di integrazio­ne. Le moschee non devono fare paura. Meglio al chiuso che sul marciapied­e. Ma le regole, i punti fermi del paese che ti ospita, a scuola, in ospedale, in strada, vanno rispettate. Milano è la nostra speranza. Se non ce la fa Milano come può farcela l’Italia?

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