I baby pusher cinesi con lo shaboo in tasca
Arrestato spacciatore di 14 anni
Gli agenti di polizia locale in borghese l’hanno trovato seduto su un marciapiede, lo sguardo fisso e le tasche piene di shaboo, la droga sintetica il cui traffico, a Milano, viene gestito da spacciatori cinesi e consumato soprattutto dai ragazzi della comunità filippina, come il cliente appena rifornito. Quattordici anni, il ragazzo è stato arrestato con 10,8 grammi di shaboo, quantità pari a quasi 110 dosi singole. Si tratta del più giovane spacciatore di metanfetamina mai preso in città. La rete di trafficanti cinesi sta infatti reclutando pusher sempre più giovani e «itineranti», oggi provenienti da tutta Italia.
«Hai qualcosa addosso?». «Niente». «Ok, vediamo, svuota le tasche». Un pacchetto di sigarette. «Già fumi, non sei un po’ troppo giovane?». Nessuna risposta, sguardo fisso sul traffico di via Cenisio, poco dopo le 18 di martedì, dove gli uomini della Polizia locale che si occupano di spaccio, e per questo sono sempre in borghese e sempre in strada, per la prima volta si trovano a perquisire, di fatto, un bambino. Scopriranno solo dopo gli accertamenti, qualche ora più tardi (perché il ragazzino non aveva documenti e diceva nulla) che ha appena compiuto 14 anni, lo scorso marzo. Nel pacchetto di sigarette aveva tre buste di
shaboo, per un totale di 10,8 grammi, che equivalgono a circa 110 dosi. Una l’aveva appena venduta a un tossicodipendente filippino.
Il ragazzino ora è al carcere minorile «Beccaria», ed è il più giovane spacciatore di metanfetamina mai arrestato a Milano.
Le nuove leve cinesi
Il profilo dell’adolescente fermato dagli investigatori dell’Unità contrasto stupefacenti della Polizia locale (Ucs) racconta e conferma un’evoluzione che si è consolidata negli ultimi tempi: i gruppi della criminalità cinese che hanno il monopolio dell’importazione e il quasi monopolio dello spaccio di shaboo in città stanno cercando e arruolando
pusher sempre più giovani, sempre più slegati da Milano, se possibile senza un passato di reati. Obiettivo: avere ragazzini in strada che vendono, ma che è poi molto complicato collegare con la rete dei trafficanti.
Il profilo dell’adolescente fermato martedì risponde a tutte queste caratteristiche: l’età, ma soprattutto la residenza. Figlio di una coppia di immigrati cinesi che si sono stabiliti in provincia di Cuneo, è nato in Italia e vive con i genitori. Parla perfettamente italiano ma, seguendo a pieno le indicazioni di chi l’ha assoldato, non ha detto quasi nulla del perché fosse a Milano, di quali siano le sue conoscenze o di dove vivesse. Aveva infatti in tasca una chiave, ma non è stato possibile rintracciare l’appartamento (probabilmente in zona Paolo Sarpi) nel quale si appoggiava.
Gli agenti dell’Unità contrasto stupefacenti, che da anni seguono indagini sulla metanfetamina, nel solo 2018 hanno arrestato 16 spacciatori cinesi minorenni. Ed è questa statistica che rivela una precisa strategia di chi gestisce quel pezzo di malavita milanese.
I viaggi e gli alloggi
C’è una sorta di flusso continuo che porta i giovani pusher asiatici dalla Toscana e dalla Romagna a Milano (la provenienza dal Piemonte è più rara, sono stati fermati anche residenti nelle Marche). Sono ragazzini itineranti che non si trattengono molto in città (il ricambio continuo dei cavallini è parte della strategia), addestrati al silenzio, per la maggior parte incensurati. Di fatto, sono gli ultimi terminali in strada di una sorta di call center al quale si rivolgono i tossicodipendenti, soprattutto filippini.
Lo shaboo è oggi l’affare più ricco per le bande organizzate cinesi: facile da trasportare e nascondere (non ha odore e somiglia al sale grosso), ha un forte potenziale stupefacente (dieci volte più della cocaina e con effetti fino a 6-8 ore) e un’altissima redditività (la dose classica è da un decimo di grammo e viene venduta a 15 euro). L’adolescente fermato in via Cenisio, sicuramente l’anello più basso della catena, aveva comunque in tasca una quantità di droga che al dettaglio vale almeno 1.500 euro.
I pedinamenti
In passato, gli investigatori dell’Ucs sono riusciti a seguire gli spacciatori fino al posto in cui vivevano. Di solito si tratta di rifugi per itineranti; gli appartamenti d’appoggio sono distribuiti tra Paolo Sarpi, Dergano, Mac Mahon, Bruzzano; quasi sempre si tratta di stanze in condivisione, spesso arredate con letti a castello e con gli spazi personali separati soltanto da assi di legno; in alcuni casi non c’è neppure un armadio, perché i pusher ragazzini, di solito, tengono le poche cose per la trasferta a Milano ammassate in valigia.