I bimbi che dormono sul marciapiede
Gruppo rom accampato con i materassi vicino al San Paolo. Per i piccoli niente scuola
Materassi buttati a terra, scarpe rotte, immondizia. Dietro all’Esselunga di viale Cassala, in via Schievano, si è formato un piccolo accampamento in mezzo alla strada, a pochi passi dall’ospedale San Paolo: qualche famiglia, una ventina di ragazzi. Invisibili, sono fuori da ogni monitoraggio. E tra i loro bambini nessuno va a scuola. «Chiediamo, ma ci dicono che sono piene».
Lungo un muro coperto da murales ci sono alcuni materassi buttati a terra, diverse paia di scarpe da ginnastica lise di misura molto piccola, quattro passeggini carichi di vestiti. Un gruppo di bambini rom, scalzi, gioca a pallone tra le auto in sosta. Sembra un piccolo accampamento nato nell’indifferenza della gente, dietro all’Esselunga di viale Cassala, in via Schievano. A pochi metri di distanza dall’ospedale San Paolo, nel mezzo del viavai di persone che, incuranti, caricano sacchi di spesa, buttano uno sguardo e se ne vanno. «Dormiamo qui da un paio d’anni, a volte ci spostiamo verso la chiesa di San Cristoforo ma non in via Malaga, lì ci sono già troppe persone», racconta Erlan. Trentadue anni, ogni tanto riesce a fare qualche lavoretto come magazziniere, qui è l’unico che sembra conoscere l’italiano. Sono qualche famiglia, tra cui una ventina di ragazzini: «Alcuni hanno comprato una macchina per 200-300 euro e ci dormono dentro. Noi usiamo i materassi. Di giorno li lasciamo sotto al ponte ferroviario e quando viene buio li andiamo a prendere». I bambini non frequentano le scuole. Invece Erlan, tre figli, giura che lui vorrebbe. Quasi lancia un appello: «So che alcune associazioni e il Comune seguono le persone nelle baracche oltre il ponte. Ma noi siamo in pochi e nessuno ci vede». I maldestri tentativi di inserire i figli nelle classi, ovviamente non sono andati in porto: «Abbiamo provato a chiedere alle scuole qui vicino ma ci hanno detto che sono pieni. Noi non abbiamo residenza, come facciamo?». Bambini che dormono per strada e non vanno a scuola? In città quelli che sfuggono al monitoraggio pubblico, secondo l’assessorato alle Politiche sociali di Pierfrancesco Majorino, sono pochissimi. Certo, il diritto allo studio è l’unica via di riscatto e il diritto allo studio dovrebbe essere garantito a tutti, ma le famiglie di via Schievano dimostrano che purtroppo non funziona sempre così. Spiega Stefano Pasta, responsabile dei progetti con i rom per la Comunità Sant’Egidio: «Anche quest’anno constatiamo difficoltà per inserire i figli di rom nelle scuole, soprattutto in alcune zone». Talvolta sono le stesse famiglie ad essere restie a farsi aiutare, «per vergogna o incuria». Eppure di fronte a una situazione come questa, aggiunge Pasta — tra mancanza di un tetto e condizioni igieniche precarie — «l’iscrizione a scuola sarebbe cruciale, significherebbe avvicinare le famiglie alla città».
Nell’esperienza di Sant’Egidio (500 bambini rom conosciuti nelle baraccopoli milanesi e fatti studiare in questi anni) la frequenza scolastica cambia la vita delle persone, «è l’occasione per creare relazioni importanti, di crescere
L’allarme È difficile inserire i figli di rom, soprattutto in alcuni istituti Stefano Pasta
Sant’Egidio
insieme», ribadisce Pasta. In alcuni casi i bambini vengono invitati a casa dai compagni di classe, alle feste di compleanno, magari persino in vacanza. Piccoli gesti che fanno la differenza. Vale la pena fermarsi e ascoltare, allora. Altrimenti resta solo l’indifferenza. Una mamma con la carrozzina li sfiora, un’altra coppia carica la spesa appena fatta al supermercato, sale in macchina e riparte. E così via.