DEFIBRILLATORI SALVAVITA IN REGIONE NE SERVONO DI PIÙ
Caro Schiavi, due anni fa ho segnalato in Regione che la congruenza del numero di defibrillatori semi-automatici presenti nel Palazzo Lombardia è largamente insufficiente. Uno in ognuna delle infermerie dislocate al 1° e al 7° piano e uno posizionato recentemente da Areu nella piazza sono pochi: con una popolazione regionale di 2 mila dipendenti e un flusso di visitatori giornalieri stimata in almeno 500 unità, ne servono molti di più.
Faccio notare che la dislocazione degli uffici e delle sale fa sì che la distanza e i tempi per il rapido intervento del personale infermieristico possano costituire un problema, poiché potrebbero trascorrere minuti preziosi fra la chiamata di soccorso e il raggiungimento del luogo dove portare aiuto. La mia segnalazione estesa a diversi direttori generali della Regione, ad alcuni assessori, ai rappresentanti sindacali e soprattutto ai rappresentanti dei lavoratori in materia di sicurezza, senza trovare risposta, è stata raccolta e rilanciata dal direttore generale di Areu, l’Agenzia regionale di emergenza urgenza che ben conosce i rischi di arresto cardiocircolatorio improvviso nei grandi edifici. Un anno fa Areu ha presentato una proposta di miglioramento della copertura dei rischi ma sta ancora aspettando il via libera per mettere a punto il piano operativo, che dovrà prevedere tra l’altro anche una adeguata formazione di personale, che possa iniziare le prime manovre di soccorso in attesa dell’arrivo dei sanitari del 112. Regione Lombardia è all’avanguardia nella gestione delle emergenze, nonché nella tutela di salute e sicurezza del lavoratore e nella promozione del benessere organizzativo dei propri dipendenti: è strano che ignori e trascuri questo fattore di rischio. L’esperienza degli ultimi accadimenti ci insegna che in Italia non siamo mai pronti a prevenire, a fare gli adeguati controlli e manutenzioni, perché siamo abituati a intervenire sempre dopo.
Caro Oldani, partiamo dalla buona notizia: e cioè che l’Italia ha una legislazione d’avanguardia in tema di salute pubblica e che grazie al decreto Balduzzi del 2013 i defibrillatori sono diventati un obbligo nei luoghi pubblici, nelle palestre e nelle società sportive professionistiche e amatoriali. La meno buona è che a tutt’oggi non sappiamo quanti ne servano realmente e se ci sia il personale addestrato ad usarli. Giusto sollecitare la Regione a non lesinare sulla prevenzione in un luogo così affollato e ancora più giusto dire che il defibrillatore deve diventare non un alibi, ma un salvavita alla portata di tutti.