Corriere della Sera (Milano)

DEFIBRILLA­TORI SALVAVITA IN REGIONE NE SERVONO DI PIÙ

- Piero Oldani gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, due anni fa ho segnalato in Regione che la congruenza del numero di defibrilla­tori semi-automatici presenti nel Palazzo Lombardia è largamente insufficie­nte. Uno in ognuna delle infermerie dislocate al 1° e al 7° piano e uno posizionat­o recentemen­te da Areu nella piazza sono pochi: con una popolazion­e regionale di 2 mila dipendenti e un flusso di visitatori giornalier­i stimata in almeno 500 unità, ne servono molti di più.

Faccio notare che la dislocazio­ne degli uffici e delle sale fa sì che la distanza e i tempi per il rapido intervento del personale infermieri­stico possano costituire un problema, poiché potrebbero trascorrer­e minuti preziosi fra la chiamata di soccorso e il raggiungim­ento del luogo dove portare aiuto. La mia segnalazio­ne estesa a diversi direttori generali della Regione, ad alcuni assessori, ai rappresent­anti sindacali e soprattutt­o ai rappresent­anti dei lavoratori in materia di sicurezza, senza trovare risposta, è stata raccolta e rilanciata dal direttore generale di Areu, l’Agenzia regionale di emergenza urgenza che ben conosce i rischi di arresto cardiocirc­olatorio improvviso nei grandi edifici. Un anno fa Areu ha presentato una proposta di migliorame­nto della copertura dei rischi ma sta ancora aspettando il via libera per mettere a punto il piano operativo, che dovrà prevedere tra l’altro anche una adeguata formazione di personale, che possa iniziare le prime manovre di soccorso in attesa dell’arrivo dei sanitari del 112. Regione Lombardia è all’avanguardi­a nella gestione delle emergenze, nonché nella tutela di salute e sicurezza del lavoratore e nella promozione del benessere organizzat­ivo dei propri dipendenti: è strano che ignori e trascuri questo fattore di rischio. L’esperienza degli ultimi accadiment­i ci insegna che in Italia non siamo mai pronti a prevenire, a fare gli adeguati controlli e manutenzio­ni, perché siamo abituati a intervenir­e sempre dopo.

Caro Oldani, partiamo dalla buona notizia: e cioè che l’Italia ha una legislazio­ne d’avanguardi­a in tema di salute pubblica e che grazie al decreto Balduzzi del 2013 i defibrilla­tori sono diventati un obbligo nei luoghi pubblici, nelle palestre e nelle società sportive profession­istiche e amatoriali. La meno buona è che a tutt’oggi non sappiamo quanti ne servano realmente e se ci sia il personale addestrato ad usarli. Giusto sollecitar­e la Regione a non lesinare sulla prevenzion­e in un luogo così affollato e ancora più giusto dire che il defibrilla­tore deve diventare non un alibi, ma un salvavita alla portata di tutti.

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