Rimborsi Tari Ecco il contatore
Pasticcio Tari, Altroconsumo aiuta i milanesi a ottenere i rimborsi lanciando un calcolatore online per la quota indebitamente pagata sui box, da 56 a 730 euro, dal 40% delle famiglie milanesi.
Un calcolatore online per sbrogliare la matassa del pasticciaccio
brutto della Tari e chiedere indietro il dovuto a Palazzo Marino. Senza lasciarsi andare all’immobilismo per cui in nome del quieto vivere burocratico, il cittadino-consumatore non si rivale sull’amministrazione, magari pensando che si tratti solo di pochi euro, in nome di un tanto classico quanto lassista «non ne vale la pena».
Per prima cosa, però, serve capire di quale cifra si sta parlando. Per la quota variabile dell’imposta sui rifiuti dei box indebitamente pagata dal 40 per cento delle famiglie milanesi tra il 2014 e il 2017, il Comune ha parlato di 12 milioni di euro, imputabili soltanto al 2017. Facile quindi che per i quattro anni complessivi, la cifra, come da stime, possa lievitare fino a 50 milioni, o più probabilmente anche attorno ai 60. Non una cifra da poco, certo, ma ancora troppo generica per indurre il buon
padre di famiglia ad accantonare l’ignavia burocratica e iniziare l’iter di riscossione.
E allora ecco l’iniziativa di Altroconsumo, che in collaborazione con il Comune stesso, ha deciso di mettere a disposizione dei cittadini uno strumento immediato per capire quanto è lecito attendersi indietro. Si va sul sito dell’associazione di consumatori (www.altroconsumo.it/tarimilano) e si inseriscono i dati del proprio box. Poniamo il caso di un garage di 15 metri quadrati: si spuntano gli anni in cui si è pagata la Tari e si schiaccia invio. Per il quadriennio si ha diritto a un rimborso di 227 euro. Più il box è grande, più l’ammontare cresce, in una maxi-forbice che va da 56 euro per un piccolo box (di meno di 15 metri quadrati) in un solo anno agli oltre 730 per un grande box (oltre 30 metri quadrati) per quattro anni. Fissato quanto si è pagato di troppo, il sito di Altroconsumo spiega l’iter da seguire per il rimborso. L’istanza va presentata al Comune, ma solo dopo 90 giorni dall’invio scatta il diritto ad accedere in Commissione tributaria, dove il giudice farà partire la procedura per la restituzione di quanto pagato.
Il perché di questa complessa procedura va ricercato nei motivi per cui i cittadini hanno ricevuto una Tari sui box «gonfiata» nella sua comsa ponente variabile. «La tassa sui rifiuti è un’annosa questione» spiega la fiscalista di Altroconsumo, Tatiana Oneta. Dalla Tia alla Tari, passando da Tares e Tarsu, pare una gabella maledetta. Innanzitutto, va spiegato che è un’imposta a «saldo zero» (e quindi se c’è qualcuno che ha pagato di più ci dev’essere anche qualcuno che ha pagato di meno): il Comune calcola il costo dello smaltimento rifiuti e suddivide la somma sulla cittadinanza in una quota fis- e in un’altra variabile. Quote approvate dal Mef (il ministero dell’Economia e delle finanze). Ma «siccome la teoria trova sempre diversa applicazione nella realtà», a novembre 2017 spuntano errori nella valutazione della quota variabile, come accaduto al 20 per cento dei Comuni italiani («ma un elenco completo ancora non esiste, neppure l’Anci ce l’ha», denunciano i consumatori). Il Mef invia una circolare sancendo il diritto al rimborso tramite istanza di ricorso del cittadino al Comune: «Un’inversione dell’onere della prova» per Oneta. «Come fa il cittadino a sapere le cifre del rimborso?». Palazzo Marino si appella alla Corte dei conti che nega il rimborso automatico ma consente al Comune di ricorrere alla fiscalità generale (senza dunque gravare sugli altri cittadini).«Dopo una riunione tra Palazzo Marino e altre associazioni di consumatori che hanno preso atto della situazione — conclude Oneta — abbiamo fatto partire un’azione parallela, mettendo in piedi il calcolatore ma ottenendo anche che nell’istanza non fosse necessario segnare l’ammontare effettivo». Sapere le cifre non è necessario, insomma, ma di certo aiuta.