Pavia e Milano, un «contratto» per fare sistema
Due città. Trenta chilometri e 28 minuti di distanza, in treno. Stati di salute (quasi) agli antipodi. Da una parte, una Milano che negli ultimi anni vive una fase così favorevole da poter rivaleggiare con metropoli come Londra, Parigi, Monaco di Baviera. Dall’altra, una media città, Pavia, che non ha ancora superato del tutto la crisi della sua tradizione industriale — ultima provincia lombarda per Pil pro capite — e che spera di potersi agganciare al traino milanese per risalire. In mezzo, il parco Sud e un corridoio fatto di infrastrutture e cittadine residenziali. A suggerire la possibile soluzione è l’indagine «Per lo sviluppo di un sistema Milano-Pavia», commissionato dall’Università di Pavia, insieme alla Fondazione Banca del Monte di Lombardia e all’Associazione Interessi Metropolitani, presentato ieri a Pavia e poi discusso a Milano, in Triennale, in un convegno moderato dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. L’idea è quella di un «contratto urbano» che permetta di «intraprendere iniziative congiunte — spiega il rettore Fabio Rugge — per dare maggior impulso allo sviluppo di questa importante regione urbana» attraverso il coordinamento degli enti locali. «Ma occorre un contratto declinato con strumenti formali affinché non rimanga solo un sogno sulla carta», precisa il presidente della provincia pavese, Vittorio Poma. «Serve una pianificazione strategica che individui le priorità», concorda Arianna Censi della città metropolitana di Milano. «La nostra è la quarta provincia in Italia nella logistica — ricorda il sindaco di Pavia, Massimo Depaoli — abbiamo eccellenze in campo turistico, agroalimentare, universitario, sanitario e della ricerca. Il nostro territorio può giocarsi le sue armi, ma servono interventi».
Sul fronte della mobilità, ad esempio, il quadruplicamento della linea ferroviaria che collega i due capoluoghi. «Ci stiamo lavorando», la risposta dell’assessore regionale, Claudia Maria Terzi. Ma che idea hanno i milanesi di Pavia? Secondo il rapporto, la percepiscono più che altro (70 per cento) come una città d’arte e universitaria (più dell’80 per cento considera l’ateneo rinomato, il 60 per cento come uno dei migliori in Italia). Pochi, meno del 40 per cento, ne conoscono la storia e il ruolo industriale e solo un intervistato su dieci la frequenta per lavoro. Eppure «il destino di Pavia sarà deciso da questa relazione — conclude il rettore Rugge — che va governata».