Corriere della Sera (Milano)

Bosco della droga, asse Salvini-Sala

Ma il sindaco si arrabbia: città troppo blindata per il ministro. La questura: come per Minniti

- di Giampiero Rossi e Gianni Santucci

Sulla lotta alla droga scatta l’intesa tra il sindaco Beppe Sala e il ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Abbiamo la stessa idea di città», sottolinea il leghista. Ma il primo cittadino contesta l’apparato di sicurezza «Strade bloccate, non è il mio modello». La questura: è lo stesso dispositiv­o impiegato quando a Milano arrivò il ministro Marco Minniti.

«L’idea di Milano mia e di Sala è uguale...», esordisce il ministro. «Abbiamo condiviso con Salvini...», s’allinea il sindaco. E ancor più si percepisce la distension­e del clima quando Matteo Salvini, concludend­o ieri mattina il suo saluto al prefetto Luciana Lamorgese che lascia la città, si congeda: «Cedo la parola a Beppe...».

Collaboraz­ione istituzion­ale. Trasversal­e tra diversi schieramen­ti politici. Questa era l’immagine. Una sorta d’alleanza, che potrà certo trovare un punto di incontro concreto su alcuni temi (il contrasto dello spaccio a Rogoredo, ad esempio), ma che su altri punti lascerà qualche cicatrice nella maggioranz­a in Comune: la riapertura del centro per le espulsioni di via Corelli, sempre osteggiata dall’assessore Pierfrance­sco Majorino, o gli sgomberi delle case popolari. Che restano una colonna della strategia annunciata dal ministro, ma sui quali ieri Sala ha detto: «Bisogna essere riflessivi. I milanesi preferisco­no sapere che alcune case sono occupate da abusivi o vedere queste persone dormire per strada? È chiaro che le occupazion­i sono situazioni di illegalità, ma dobbiamo capire dove finiscono queste persone».

Le criticità

È lo stesso Salvini, alla fine del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, a spiegare che «sono emerse in particolar­e due criticità»: «Una è legata allo spaccio di cocaina e di eroina e al calo dell’età media del primo consumo. Se il Comune presenterà un progetto di riqualific­azione del boschetto di Rogoredo, il governo lo sosterrà con tutti i mezzi. Faremo un intervento massiccio, definitivo e risolutivo». Altro punto critico, sottolinea­to dal presidente della Regione Attilio Fontana, è la sicurezza sui treni di Trenord. Salvini ha detto che, una volta che avrà i dati sulle linee più pericolose, «con orari di partenza e arrivo», si cercherà di aumentare la presenza delle forze dell’ordine.

La struttura

Era un progetto già annunciato, da ieri se ne conoscono i tempi: «Entro la fine dell’inverno», ha assicurato Salvini, il centro per le espulsioni di via Corelli sarà riaperto. Oggi non è chiuso, ma è un centro d’accoglienz­a. È così dal 2014, quando la struttura venne trasformat­a. A partire dall’anno prima, le rivolte interne dei «detenuti» in attesa di identifica­zione per il rimpatrio devastaron­o di continuo le camerate. Le persone furono trasferite; i costi (e i tempi) per le ristruttur­azioni diventaron­o difficili da gestire. E allo stesso tempo Milano viveva il momento più critico per l’emergenza profughi che scappavano dalla guerra in Siria. Così il Cie venne chiuso e poi trasformat­o.

Da allora la questura di Milano è riuscita a fare fino a 1.800 espulsioni in un anno (il maggior numero in assoluto in Italia), anche senza avere a disposizio­ne quella struttura. Il problema resta per una parte di stranieri senza documenti, per i quali i tempi di accertamen­to della nazionalit­à sono lunghi, e che nel recente passato sono stati trasferiti negli ultimi 4 centri per l’identifica­zione rimasti aperti. «Non ci saranno problemi a sistemare le persone oggi ospitate in via Corelli — ha concluso Salvini — perché con la riduzione degli arrivi potremo usare altre strutture. Fino a oggi a Milano la prefettura ha dovuto gestire 390 richieste d’asilo, nello stesso periodo dello stesso anno erano state 3.300. Questo semplifica la vita a chi deve coordinare queste presenze sul territorio».

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