La cascina dove le donne tornano a vivere
Il progetto sociale Corte delle Madri per le vittime di violenze
In una cascina abbandonata
PAVIA è nata la Corte delle Madri, un esperimento di housing sociale in cui si intrecciano storie di vita vissuta in salita. Nell’ex scuola agraria di Bereguardo, una vecchia corte ristrutturata grazie al
crowfunding e alle laboriose braccia di decine di volontari, si festeggia il primo anno di attività del progetto assistenziale, educativo e culturale. Un microcosmo inclusivo circondato da orti e campagne, dove si fa vera accoglienza e si trasformano esistenze ai margini. «Abbiamo voluto creare un sistema di condivisione sociale per aiutare le persone fragili a prendere in mano la propria vita e a ripartire — spiega Valentina Bassi, presidente e responsabile sociale Corte delle Madri —. Il compito non è semplice perché solitamente chi arriva qui ha un atteggiamento poco amichevole, di ostilità, che spesso nasconde una incredibile voglia di riscatto».
Attorno all’aia del grande cascinale rimesso a nuovo trovano spazio una scuola steineriana, aule per la musica, una palestra, orti, pollai, laboratori di cucito, e una decina di mini appartamenti «temporanei»(assegnati da un minimo di sei mesi, ad un massimo di un anno) in grado di ospitare donne sole in difficoltà o madri con i loro bimbi. Il tempo necessario per ritrovare un equilibrio e l’indipendenza economica:«Lavoriamo per sostenere queste ragazze — spiega Valentina Bassi —. Si tratta perlopiù di donne finite in disgrazia o vittime di mariti e compagni violenti. Le aiutiamo a trovare un lavoro e una casa in cui andare una volta uscite dalla Corte, ma soprattutto ad avere fiducia nel prossimo».
Ad un anno dall’apertura, alla Corte delle Madri sono iniziate quindici seconde vite. Storie complicate che si sono incrociate durante il percorso, come quelle di Arianna e Martina, le «ortolane» che nel Campo Zero (nome del progetto dell’orto sinergico, ndr) coltivano ortaggi per le cucine della Corte, e come quella di Maya, algerina di 26 anni, salvata dalle botte dell’ex compagno. «Maya era segregata in casa — racconta Cristina Rodocanachi, socio fondatore del progetto —. Ora vive qui con il suo bambino di 2 anni e si sta realizzando: dopo aver frequentato la scuola di cucito, ha creato una piccola linea di abbigliamento che porta il suo nome».
Marina ha 50 anni e dopo aver perso il lavoro era sprofondata nel limbo della depressione che l’aveva portata a chiudersi alle spalle la porta di casa e a trasferirsi su una panchina davanti al castello del paese. Otto mesi fa ha varcato il cancello della Corte e ha ritrovato l’autostima che si era sgretolata: «Non avevo più un soldo e mi stavo lasciando andare. Che affronto dopo cinquant’anni di sacrifici dover ritirare il sacchetto alla mensa del povero! Ora sono serena: al mattino pulisco tutta la Corte e poi scappo in agriturismo dove lavoro come tuttofare». Anche a Giovanna, 45 anni, non era rimasto più nulla, se non la baracca di lamiere in cui viveva e dalla quale non voleva allontanarsi per paura che la occupassero. «Alla Corte sono la regina del pollaio: accudisco le galline e consegno ceste di uova fresche destinate ai mercati del biologico. Non esiste cosa più bella che svegliarmi al mattino e sentirmi utile».
L’obiettivo Aiutiamo queste ragazze a trovare un lavoro e una casa in cui andare a vivere una volta uscite dalla Corte. Soprattutto le aiutiamo ad avere fiducia nel prossimo. Sono tutte persone finite in disgrazia, per lo più abusate da mariti e compagni