A Fedele Confalonieri il premio «Al Matarel»
Riconoscimento
Impresa, cultura, storia, economia, tanta passione con una nota di cronaca. Un distillato di milanesità nel premio Al Matarel — giunto alla 3ª edizione — consegnato ieri tra i tavoli del tipico ristorante meneghino al presidente di Mediaset e della Veneranda Fabbrica del Duomo, Fedele Confalonieri. A proposito della querelle con il Comune avaro di finanziamenti verso la cattedrale, il presidente della Veneranda Fabbrica stuzzica e smorza allo stesso tempo: «Il Duomo attira turisti in quantità — afferma — se il Comune, come fanno altri enti, destinasse una somma alla sua conservazione non ci sputeremmo sopra». «Ora abbiamo avviato un buon dialogo con il sindaco — continua — che contiamo possa dare frutti». Il premio è stato istituito in memoria di Marco Comini, l’indimenticabile oste che ha fatto del Matarel uno dei locali più tipici e conosciuti della vecchia Milano, ora guidato dalla moglie Elide. Istituito da una giuria di giornalisti delle principali testate cittadine e nazionali, il premio viene assegnato a chi ha reso lustro alla città. E Fedele Confalonieri, come ha detto l’arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo alla consegna della targa, incarna con la sua capacità intellettuale, culturale e finanziaria l’autentica anima meneghina. «L’anima di una Milano aperta — ha commentato Confalonieri — capace di far emergere chi ha potenzialità e volontà. Una città che si evolve in continuazione, che rende tutto possibile». E che anche nel cibo non è seconda a nessuno. «Dai grandi chef non si capisce mai cosa si mangia — attacca il presidente di Mediaset — ci vuole il vocabolario. E poi è un cibo che va bene ovunque, in locali come questo invece si riscopre la cucina tradizionale, il valore della nostra tavola. E il grande Marco è stato un maestro». Poi via con il calcio, la passione rossonera, la lirica, l’economia, la gioventù all’Isola e l’immancabile, ma in questo caso mai così veritiero, «Milan l’è propri un gran Milan». Con l’emozione finale: «Ma questa zuppa inglese è uguale a quella che faceva la mia mamma».