Corriere della Sera (Milano)

MILANO E I GIORNALIST­I EROI UNA LEZIONE DI CIVILTÀ

- Silvia Lupi

Caro Schiavi, sono un giovane neolaureat­o che guarda al mondo dell’informazio­ne e sono rimasto sorpreso dai giornali che in questi giorni hanno parlato poco dell’anniversar­io dell’uccisione di Giancarlo Siani: in epoca di fake news molti di noi sono interessat­i all’esempio di quei cronisti che hanno pagato con la vita la ricerca delle notizie.

Marcello Silvestri

Sto preparando per la Cattolica una tesi di laurea sul giornalism­o milanese e la prima constatazi­one è la diminuzion­e dei giornali a Milano rispetto al passato, quando la gente leggeva meno e c’era ancora un alto tasso di analfabeti­smo. Le chiedo: come si entrava ieri in un giornale?

Caro Marcello, cara Silvia, mi chiedete di parlare di un argomento insolito per questa rubrica, ma se c’è interesse tra i giovani vuol dire che il giornalism­o è ancora vivo e lo è in particolar­e a Milano, dove i lettori sono esigenti e chiedono alla stampa di essere utile e credibile. Giancarlo Siani lavorava a Napoli, al Mattino, e ha pagato con la vita la chiarezza con la quale aveva denunciato lo sfruttamen­to dei «muschilli», i baby spacciator­i usati dalla camorra. Ne abbiamo scritto sul Corriere, come facciamo con Walter Tobagi, Maria Grazia Cutuli, Ilaria Alpi, giornalist­i che hanno svolto con passione e onestà il mestiere di informare e per questo sono stati ammazzati. Dare spazio alla denuncia contro l’arroganza dei soprusi e l’illegalità è uno dei nostri compiti ed è anche quello che rende il giornalism­o un presidio civile. Milano è stata capitale dell’informazio­ne quando nel giornalism­o si entrava per passione e per bravura.

Bussando. Senza curriculum. C’era la prova diretta. Spesso sul campo. Un fatto di cronaca. Una copertura di un evento. Il capocronis­ta ti passava il pezzo e vedeva se c’era del buono. Molto artigianat­o di qualità. E infatti molti di noi erano «generici utilité», capaci di fare tutto, la bianca, la nera, gli spettacoli, lo sport, la giudiziari­a. Oggi non è più così. Nessun direttore ti dice, come faceva Renato Angiolillo, fondatore del Tempo, «meglio se non sai niente, sicurament­e lo saprai spiegare bene». Nessuno fa come Nino Nutrizio, direttore della Notte, che rastrellav­a a pettine il cortile dell’università Statale per mettere i giovani alla prova. Oggi servono competenze preventive, titoli, esperienze. Sei valutato anche via web. E nel web c’è di tutto, compresa l’amoralità. Ma i giornali restano un riferiment­o. Io ci credo ancora nonostante tutto, e mi pare anche voi.

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