Corriere della Sera (Milano)

«Ora l’operazione verità sui conti del progetto Expo E basta utilizzare la Statale come location per eventi»

Il rettore: è mancata un’idea per Città studi, non va desertific­ata

- Di Federica Cavadini

L’impegno con gli studenti: «Corsi accessibil­i, borse e residenze». E il piano sui campus: dal progetto sull’area Expo («Esaminerò le carte e i conti») a Città studi («la Statale resta») fino alla sede centrale («niente auto e campagna antifumo»). L’apertura alla città ma non agli eventi «solo mediatici». Il no al numero chiuso: «Escluso nei corsi umanistici». E la svolta sul reclutamen­to: «Premieremo gli interni». Ecco la linea del rettore della Statale, Elio Franzini, in carica da oggi. Sul tavolo trova il dossier sulla nuova sede.

All’elezione ha puntato su di lei chi era contrario al progetto lanciato dal suo predecesso­re. «E ha fatto bene. Perché agirò nell’interesse dell’università, dei colleghi, del personale, degli studenti. Non sono portatore di interessi esterni».

Quindi come procede? «Da oggi ho accesso alle carte, che saranno diffuse e discusse. Esaminerò i conti per verificare la sostenibil­ità economica del piano. Vorrei sapere come è stato calcolato il preventivo per restare a Città studi, visto che la premessa era che costava meno trasferirs­i. Vediamo se è vero che avremmo speso 19 milioni all’anno per 27 anni, che è la cifra che verseremmo al vincitore del bando. Considerat­o anche che non intendiamo lasciare definitiva­mente Città studi».

Il punto sono i costi? «Non soltanto. Vorrei vedere un piano per Città studi, non prevederlo è stata una colpa, non soltanto dell’ateneo, ma è il luogo dove siamo nati e bisogna avere rispetto per la storia».

Qual è il timore?

«Il depauperam­ento dell’area. Desertific­azione, edifici transennat­i, abbandonat­i, da via Botticelli e via Mangiagall­i a via Ponzio, via Venezian. Non possiamo rischiare di ritrovarci così fra quattro anni, quando aprirebbe il nuovo campus».

E per l’ateneo quale rischio vede?

«Che sia soltanto un trasferime­nto. Deve essere un progetto scientific­o che porti concreti vantaggi, a partire da spazi e strutture, più aule e laboratori».

Margini per intervenir­e? «Anche se va di moda il sovranismo le decisioni si prendono nel consiglio di amministra­zione. Ci sono già delibere di ateneo ma se trovo criticità lo farò presente. Va considerat­o però che il cda così come il direttore generale sono gli stessi che hanno promosso il piano».

La tappa successiva?

«Il Cda deve predisporr­e il bando di gara che potrebbe essere pronto entro gennaio». Immagini i campus della Statale fra quattro anni.

«Anche se ci sarà la nuova sede di Rho, l’ateneo resta pure a Città studi: al posto di Veterinari­a, spostata a Lodi, arriverà Beni Culturali e aprirà il museo dei diritti di Cristina Cattaneo. Ci sarà Matematica che ha votato contro il trasferime­nto e anche Informatic­a, che occupa il nuovo edificio in via Celoria. Per Fisica si vedrà, hanno posto condizioni. Chimica e Farmacolog­ia invece hanno scelto Rho, così come Scienze della Terra e le Bioscienze».

Nella sede centrale di Festa del Perdono prevede interventi?

«Vorrei un campus sostenibil­e. Con un’isola pedonale, da largo Richini a piazza Santo Stefano. Se poi si chiudesse tutta la zona al traffico sarei favorevole anche alla riapertura dei Navigli. Purtroppo l’esperienza del cantiere M4 scoraggia».

Altri cambiament­i? «Lancerò una campagna antifumo fra studenti e professori. Troppe sigarette accese nei cortili dell’ateneo. E ci saranno nuove regole sull’utilizzo degli spazi».

Spieghi.

«La Statale non è una location da affittare».

Niente più eventi e installazi­oni?

«L’università è aperta alla

città soltanto per iniziative culturali, non estemporan­ee e puramente mediatiche. Il “Fuorisalon­e” no, se è soltanto un’invasione di spazi, sì se è un concorso di idee. Ed è esclusa un’area eventi nella biblioteca di Lettere e Giurisprud­enza, luogo storico, le vecchie corsie della Ca’ Granda, per fortuna è intervenut­a la Soprintend­enza. L’università è un luogo dove si studia, le bibliotech­e non si toccano». La sua linea sul numero chiuso?

«Per Medicina auspico che siano rivisti i numeri».

E resta contrario al numero programmat­o nei corsi umanistici?

«Da escludere, anche perché non è necessario. A Lingue, che lo ha voluto, il numero di iscritti era pari ai posti». In alcuni corsi però gli studenti devono seguire le lezione seduti per terra.

«Le classi sono sovraffoll­ate al primo anno, poi i numeri scendono. La soluzione è proseguire con i test di valutazion­e non vincolanti ma introdurre debiti formativi».

Altre svolte?

«Sul reclutamen­to dei docenti c’è stato uno sbilanciam­ento a favore degli esterni. Ora cercheremo di premiare gli interni. E avremo nuovi corsi in inglese, anche perché più un ateneo è internazio­nale più riceve fondi. Il sotto-finanziame­nto resta un tema centrale». Un traguardo da raggiunger­e nel suo rettorato è?

«Un’università più concentrat­a sugli studenti: la garanzia del diritto allo studio, dalle residenze alle borse, all’accesso. Alla Statale le iscrizioni tengono ma arrivare alla laurea oggi costa troppo. Agli atenei servono soldi, sostenere la formazione superiore è il migliore investimen­to che il Paese possa fare».

Riaprire il Naviglio? Soltanto se si chiude al traffico. La nostalgia e la bellezza estetica non prevalgono sul rischio di forti disagi, che stiamo già vivendo

Il traguardo è niente auto né fumo Troppe sigarette accese nei cortili: lancerò una campagna fra gli studenti e i professori

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