Botte e minacce di morte La compagna e i figli prigionieri dell’aguzzino
Corso Monforte, preso un custode. «Dieci anni di persecuzioni»
Per dieci anni ha subìto di tutto, senza mai trovare la forza, il coraggio o forse soprattutto l’aiuto per reagire: calci, pugni, minacce di morte. Come lei stessa ha ammesso ai carabinieri che con professionalità e sensibilità sono riusciti a farla finalmente denunciare, era ormai diventata prigioniera del suo compagno, con il quale abitava al secondo piano di un condominio di via Cherasco, quartiere Niguarda.
Questa donna originaria dello Sri Lanka, una 49enne con due figli, un maschio di 11 anni avuto con l’aguzzino e una femmina di 22 nata da una precedente relazione, alla pattuglia del Nucleo radiomobile che nella serata di sabato l’ha soccorsa infreddolita e sotto choc — era in fuga dopo l’ennesimo pestaggio, in vestaglia e pantofole —, ha raccontato chi davvero è il 50enne connazionale Sanath Ariyalal Appuhenna Kotahewage, incensurato e in regola con i documenti, un uomo pubblicamente così serio, professionale e cortese nel ruolo di custode di un esclusivo stabile in corso Monforte, e adesso in galera. La sua indole criminale è stata confermata dal rinvenimento da parte dei carabinieri, proprio nella sua postazione in quel palazzo, di una pistola scacciacani modificata, con relativo munizionamento e priva del relativo tappo rosso. Ma ancor prima della perquisizione, era «bastata» la sua voce — e adesso «bastano» i passaggi di quanto è stato messo a verbale — per inquadrare il profilo di Appuhenna Kotahewage. Ha dunque detto la donna alla pattuglia, comandata da un brigadiere capo, uno dei migliori uomini di strada dell’Arma: «La sera del 29 settembre mi trovavo a casa con mio figlio e il mio compagno. Poiché mia figlia torna tardi dal lavoro e al mio compagno il fatto che arrivi tardi suscita