Corriere della Sera (Milano)

Carrà superstar a Palazzo Reale Una retrospett­iva in 131 opere con prestiti eccezional­i dall’estero

Una retrospett­iva da sindrome di Stendhal con 131 opere

- di Francesca Bonazzoli

Come nei migliori spettacoli pirotecnic­i, anche Palazzo Reale ha lasciato i fuochi più scenografi­ci per il gran finale di stagione fissando per questo ottobre l’apertura delle due grandi mostre dedicate a Carlo Carrà e a Picasso. Stasera si comincia con l’inaugurazi­one della retrospett­iva di 131 opere di Carrà (1881-1966), autore di alcune delle icone del Novecento italiano come «Pino sul mare» o «La musa metafisica», riprodotte su tutti i manuali di storia dell’arte, nelle copertine di romanzi, poster, pubblicità. Il colpo d’occhio che si offre al visitatore è da sindrome di Stendhal, quella sensazione di tachicardi­a e vertigine che si prova davanti ad opere d’arte di straordina­ria bellezza.

«È una mostra di capolavori e prestiti eccezional­i, ma nata da un lungo e rigoroso progetto di studi», racconta Maria Cristina Bandera, curatrice e direttrice scientific­a della Fondazione Roberto Longhi, il critico d’arte che fu tra i primi sostenitor­i e amico per tutta la vita di Carrà. L’altro timbro di qualità dell’esposizion­e viene dagli archivi del nipote del pittore, Luca Carrà, che ha prestato carte, foto, lettere, memorie e anche i pennelli e la tavolozza del nonno.

Il percorso segue un ordine cronologic­o indispensa­bile per capire le diverse stagioni artistiche: dallo stile divisionis­ta alla partecipaz­ione, nel 1910, al primo drappello futurista; dalla Metafisica ai Valori Plastici. «L’incipit è affidato alla prima opera di Carrà datata 1900 e la conclusion­e all’ultima, una natura morta del 1966, rimasta sul cavalletto della casa milanese di via Sandro Sandri 2. È come far passare sotto gli occhi tutta la storia dell’arte della prima metà del XX secolo. Longhi diceva che Carrà “mutava le penne” per significar­e che si rinnovava rimanendo, però, sempre coerente nella sua ricerca», spiega la curatrice che ha trovato anche un documentar­io inedito dell’artista in conversazi­one con lo storico dell’arte.

«I due amavano giocare insieme a bocce a Forte dei Marmi», racconta il nipote Luca, che del nonno ricorda la dedizione assoluta al lavoro. «Da piccolo mi portavano a casa sua perché non volevo andare all’asilo. Stavo per ter- ra a giocare e lui intanto lavorava serio e assorto, con lentezza, contempora­neamente su più quadri, e finiva a Milano i paesaggi abbozzati a Forte dei Marmi».

Fra le tante sorprese che riserva la visita c’è, subito nella prima sala, la grande «Allegoria del lavoro» del 1905 acquistata pochi mesi fa dallo Stato e assegnata in deposito a Brera. Carrà era un giovane artista già tornato da Parigi, dove Modigliani non era ancora arrivato, e da Londra. Aveva conosciuto la fame e letto Bakunin avvicinand­osi ai movimenti anarchici. Ma non era tipo da bohème. «Ho una famiglia da mantenere», disse nel 1922, quando ormai l’ispirazion­e al rigore di Giotto e Masaccio lo spingevano a pensare, come scrisse nella biografia, che «la pacata felicità sia la più elevata posizione riservata al vero artista».

 ??  ??
 ??  ?? Autoritrat­to Una foto di Carlo Carrà (18811966) esposta accanto a un suo autoritrat­to in mostra
Autoritrat­to Una foto di Carlo Carrà (18811966) esposta accanto a un suo autoritrat­to in mostra
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Galleria «Donne al mare (1954-55); «I romantici» (1916); «La camera incantata» (1917). A destra, i suoi pennelli
Galleria «Donne al mare (1954-55); «I romantici» (1916); «La camera incantata» (1917). A destra, i suoi pennelli

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy