Un fiume di cocaina verso Bonola
Sette personaggi di primo piano e 22 pusher arrestati dalla polizia. Il ruolo chiave occupato da una ventenne Il traffico dalla Costa Rica tra sgarri e blitz sulle navi: così viene rifornita la piazza di Milano
Quintali di cocaina trasportati con le casse di ananas da due navi container. La droga che sfugge ai controlli ai raggi X. Un intermediario giustiziato davanti a un’ambasciata italiana. È il quadro che unisce i cartelli dei narcos sudamericani (Costa Rica e Colombia) e la piazza di spaccio di Bonola. Sono stati arrestati ieri sette trafficanti internazionali e 22 spacciatori tra Milano e Pavia.
È arrivata sino in Sudamerica partendo da una «piazza» di spaccio nel quartiere Bonola, e dal Sudamerica è ritornata in quella «piazza» di spaccio, l’indagine della Squadra Mobile che, dopo aver appunto risalito la catena delle forniture e individuato sette trafficanti di alto livello che operavano attorno ai contatti in Costa Rica del poi assassinato Salvatore Ponzo, ha portato all’arresto (oltre a loro) anche di altre 22 persone che per l’accusa avrebbero acquistato e spacciato appunto a Bonola qualche chilo di quei quattro quintali di cocaina importata in Italia dall’organizzazione.
Questo filone d’inchiesta del pm Bruna Albertini ritiene di aver messo a fuoco su base locale il ruolo soprattutto di Pietro (43 anni) e Giuseppe Cilione (41 ani), fratelli di Melito Porto Salvo residenti a Robbio nel pavese, «dotati — scrive il giudice delle indagini preliminari Manuela Cannavale — di almeno due distinte fonti di approvvigionamento di sostanza stupefacente (Domenico Mesiano e il marocchino El Mahdi Elhaji), con base logistica a Milano e due principali “piazze” di spaccio, una nel quartiere Bonola a Milano e una a Robbio in provincia di Pavia».
Un aspetto particolare dell’indagine è che con i due fratelli Cilione sono stati arrestati non solo due figli di Giuseppe ma anche una figlia di Pietro, sebbene appena ventenne e pure incensurata: «Nonostante la sua giovanissima età (19 anni all’inizio dell’indagine, ora 20)», per la gip la ragazza «si trova in una posizione chiave nell’ambito dell’associazione, godendo della fiducia del padre e dello zio, in quanto si occupa — ad avviso degli inquirenti — di incassi di denaro provenienti dallo spaccio, della loro movimentazione dal luogo in cui sono nascosti, e dell’importante aspetto relativo all’assistenza legale di componenti dell’associazione arrestati, tenendo rapporti con gli avvocati difensori ed anche occupandosi in via esclusiva, con grande spazio di manovra, di alcune questioni. In un caso, infatti, risulta da una telefonata che, in relazione e all’ottenimento degli arresti domiciliari» per un complice, «“ha fatto tutto lei”».
Al di là dell’esatta taratura delle responsabilità o meno penali, l’inchiesta racconta una storia «glocal» da manuale: una vicenda, cioè, nella quale globalizzazione (dei traffici di cocaina) e localismo (nello spaccio minuto delle bustine di droga) convivono e alimentano gruppi criminali che in definitiva per lo più nemmeno si conoscono. Le vendite al dettaglio di uno o due chili di cocaina, ora imputate ai 22 arrestati nel filone locale, sono un rivolo cittadino del fiume di droga proveniente dalla Colombia e intermediato in Costa Rica dal broker Salvatore Ponzo in forza dei suoi solidi contatti con narcos sudamericani potenzialmente in grado di offrire ai grossisti italiani (stando a quanto si confidavano nelle intercettazioni) sino a sei tonnellate di cocaina.
Quattro quintali sono arrivati in Italia, secondo l’indagi-
ne della sezione narcotici della Squadra Mobile, in altrettante navi container partite appunto dalla Costa Rica e e approdate al porto di Livorno in cassette di ananas: due spedizioni ricostruite a posteriori con intercettazioni e testimonianze di un camionista, da oltre 100 chilogrammi l’una il 10 ottobre e il 7 dicembre 2017; e altre due invece bloccate e sequestrate dagli inquirenti il 27 marzo 2018 per 101 chili e il 28 marzo per 114 chili. Un sistema di occultamento che, collocando gli ananas con la droga in bancali interamente coperti su ogni lato da bancali di frutta senza droga, in entrambe le occasioni dei sequestri aveva consentito alla cocaina di non essere individuata dagli ordinari controlli ai raggi X dei container da parte della Dogana portuale di Livorno.
Ed è alla perdita di questi due carichi che l’indagine ricollega l’assassinio il 23 maggio 2018 in Costa Rica di Salvatore Ponzo: colpito a morte dai mitra di due motociclisti che davanti all’ambasciata italiana feriscono anche la sua fidanzata ecuadoregna.